di Giorgio Vaiana
Stanco, ma soddisfatto. Lo percepisci dalla passione con cui ti racconta le cose.
Intercettiamo Matteo Ascheri al telefono. Il presidente del consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani è appena rientrato dalla due giorni di Grandi Langhe, che si è tenuta, per il secondo anno consecutivo, presso l’Ogr di Torino. “Un posto straordinario – dice il numero 1 del consorzio – Un evento che mi pare riuscito, che ha visto la presenza di 240 aziende. E ben 60 sono state rifiutate per mancanza degli spazi”. Grandi Langhe, dunque, torna nella sua collocazione naturale di fine gennaio. “Lo scorso anno abbiamo scontato l’ultima parte della pandemia e abbiamo preso la decisione di spostare l’evento di qualche mese – dice Ascheri – Decisione presa con gli stessi produttori. Quest’anno siamo tornati alla normalità e i risultati si sono visti. In appena due giorni, all’Ogr sono arrivate 3.300 persone da tutto il mondo (1.800 il primo giorno, 1.500 il secondo giorno, ndr). E siamo davvero felici del risultato ottenuto. Stiamo già lavorando alla prossima edizione, che si terrà sempre all’Ogr, ma stiamo cercando un modo per potere ospitare ancora più aziende”.
Anche l’avvicinamento all’edizione 2023 di Grandi Langhe è stato un susseguirsi di un evento dietro l’altro, con un focus sulle vecchie annate Docg e la serata spettacolare di inaugurazione alla Mole: “I produttori che ho sentito erano tutti felicissimi – dice Ascheri – perché questi eventi sono fortemente voluti da loro. Credono in questa cosa e la fanno benissimo. E’ bellissimo, secondo me, presentarsi in maniera così unitaria e compatta. Alla fine di eventi di promozione del vino, in Italia e nel mondo, ce ne sono tantissimi, ognuno con target diversi. Noi, qui, ci siamo concentrati sul fare un evento di un certo livello e farlo alla grande. E, soprattutto, lo facciamo in casa nostra. Un modo per ribadire il nostro orgolgio tutto piemontese”. Focus sulle nuove annate presentate all’Ogr dunque. “Il Barolo 2019 – spiega Ascheri – è un’annata classica molto buona. Non c’è una quantità esagerata di prodotto, ma viene fuori un bel vino dopo due annate meno entusiasmanti come la 2017 e la 2018. Il Barbaresco 2020 è frutto di un’annata calda. I vini sono più pronti. La 2021 e la 2022, invece, sono annate sorprendenti, soprattutto la 2022 che è simile, come condizioni meteo alla 2003. Ma i risultati, come abbiamo visto nel calice sono diversi. Questo perché è cambiato il nostro approccio al fare i vini, a gestire il vigneto. Abbiamo imparato dai nostri errori e ci siamo adattati alla Natura. Ancora non siamo in grado di cambiare le condizioni meteo come vogliamo (sorride, ndr) e allora l’unica cosa è lavorare bene in vigna e in cantina. Quando commetti qualche errore e ti “bruci”, beh, vedrai che l’anno dopo non ti bruci più”.
Chiusura sul Vinitaly: “Come ben saprete, non partecipiamo alla kermesse veronese come consorzio – dice Ascheri – Ogni produttore è libero di farlo. Io, dopo 44 anni, ho deciso di non andare. Perché? Credo che Vinitaly sia uno strumento formidabile. Ma in generale tutte le fiere hanno dimostrato di essere valevoli per la promozione del vino. Ma forse bisognerebbe interrogarsi sul come si svolgono. Le cose si evolvono. Forse le fiere, oggi, servono alle aziende più giovani, che hanno voglia di farsi conoscere. Ma un certo mondo del vino può pensare benissimo ad altre cose, soprattutto se organizzato dagli stessi produttori”.