Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina domani sarà a Palermo per presentare il nuovo Psr. Ecco l'intervista pubblicata dal Giornale di Sicilia. Martina ha risposto alle domande di Fabrizio Carrera.
Oltre due miliardi di euro in arrivo con il Piano di Sviluppo Rurale per l'agricoltura. E all'incirca altri 150 milioni per la pesca con un altro Fondo dell'Unione Europea. Soldi che finiranno tutti in Sicilia per progetti da spendere fino al 2020. Ma questa volta c'è anche il monito del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina. “Non accetteremo ritardi nella spesa. Se i soldi ci sono vanno spesi subito. Servono programmazioni efficaci e spese veloci”. È un annuncio che fa da preludio all'arrivo del ministro a Palermo. Martina infatti parteciperà a un incontro pubblico al teatro Politeama sabato alle 11.
Un'occasione per presentare il Psr da due miliardi e il Feamp (il Fondo della pesca) da circa 150 milioni. Un appuntamento con l'assessore dell'Agricoltura Antonello Cracolici e il presidente della Regione Rosario Crocetta a fare gli onori di casa e dal titolo vagamente cinematografico: “Orizzonti di sviluppo – Mare – Terra”. Ma non ci sarà un film da vedere. Solo una platea di tanti agricoltori incupiti da concorrenza sleale e scarsa remunerazione e in attesa di capire se convenga ancora lavorare la terra. I dossier in mano al ministro in arrivo a Palermo sono infatti tanti e complessi. Dai pomodori venduti a basso costo alla temuta invasione dell'olio tunisino, dal tentativo dell'Ue di scipparci i nomi dei vini più famosi all'italian sounding, la contraffazione dei prodotti made in Italy che vale quasi il doppio del nostro export agroalimentare. Tutti argomenti che vale la pena approfondire.
Ministro Martina, qual è l'animo con cui arrivera in Sicilia? Cosa raccontare agli agricoltori dell'Isola?
“Insieme all’assessore Cracolici discuteremo del presente e del futuro di una delle regioni agricole più importanti del nostro Paese. La Sicilia è un asse fondamentale per l’agroalimentare e vogliamo contribuire al rilancio di alcuni comparti in difficoltà. Non ci nascondiamo i problemi e proprio ieri al ministero abbiamo tenuto una riunione con i rappresentanti delle istituzioni locali e dei produttori, in particolare del pomodoro”.
Cosa è emerso nell’incontro?
“Abbiamo discusso degli strumenti di intervento contro una crisi che è oggettiva e che sta coinvolgendo tanti piccoli agricoltori. Nessuno ha la bacchetta magica, ma non è pensabile continuare a vendere sotto i costi di produzione. Abbiamo iniziato da tempo a lavorare sulla questione e ieri nell’incontro abbiamo ribadito che serve un metodo costante, un’azione di squadra tra istituzioni e privati. Da parte nostra mettiamo in campo immediatamente un’azione con la Grande distribuzione organizzata per promuovere il prodotto, insieme a un lavoro serio di rafforzamento dei controlli sulla tracciabilità dell’ortofrutta, perché non possiamo subire concorrenza sleale di pomodori venduti per siciliani quando siciliani non sono”.
L’Europa in questa partita quale ruolo può svolgere?
“Già lunedì abbiamo chiesto insieme alla Spagna al Commissario Ue all’Agricoltura Phil Hogan di intervenire con misure di crisi nell’ambito dell'Ocm. In particolare è necessario alzare i prezzi di ritiro del pomodoro e differenziarli per tipologie di prodotto, in modo che possano rientrare anche i nostri. È una partita difficile ma nella quale ci impegniamo fino in fondo”.
La Sicilia rischia di essere invasa da arance e ortaggi nordafricani dove non esistono le stesse tutele sanitarie per i consumatori. Anche l'abolizione del dazio sulle importazioni di olio tunisino sarebbe un disastro per la nostra olivicoltura. Come ne usciamo?
“Su questo siamo stati chiari: chiediamo all’Unione europea l’attivazione della clausola di salvaguardia e di rivedere la decisione sull’olio tunisino”.
La Sicilia avrà fino oltre due miliardi da qui al 2020 tra Psr e Feamp? Cosa farete per evitare che la Sicilia non li sappia spendere?
“È vero. Il Piano di sviluppo rurale vale oltre due miliardi di euro complessivamente. Sono risorse ingenti. Dobbiamo saperle spendere bene con una programmazione seria e concreta. Negli ultimi mesi la Sicilia ha recuperato molti dei ritardi accumulati nella scorsa programmazione, ma serve un cambio di passo. Non si può più aspettare l’ultimo minuto. Qui va fatto un lavoro importante di organizzazione, perché solo così diamo la possibilità ai piccoli produttori non solo di sopravvivere, ma di investire per il futuro. Il nodo dell’aggregazione va risolto, su questo confermo tutta la disponibilità del ministero ad accompagnare un processo di rafforzamento che non si può più rinviare”.
Dossier vino. Bruxelles vorrebbe liberalizzare la possibilità di inserire il nome del vitigno seppur legato a un territorio ben preciso. Esempio: Lambrusco (di Sorbara) o Fiano (di Avellino). Sarebbe un colpo mortale per la nostra vitivinicoltura. Abbiamo speranze di vincere la battaglia a Bruxelles?
“Non accettiamo passi indietro sul fronte della qualità e della tutela dei nostri vini a denominazione. Lo abbiamo detto a chiare lettere in tutte le sedi e abbiamo creato un fronte con altri Paesi produttori come Francia, Germania, Austria e Portogallo per mantenere la normativa così come è. Sarebbe un autogol clamoroso e proprio nei giorni scorsi la Commissione ha già apportato delle modifiche migliorative alla bozza. Ma noi siamo per non cambiare una legge che ha funzionato bene”.
Rapporto Qualivita: dai dati diffusi mercoledì scorso emerge un'agricoltura certificata dinamica e con grandi prospettive con le varie Dop e Igp. Tuttavia c'è un problema. L'italian sounding è ancora troppo prevalente rispetto alle capacità di export dell'agroalimentare. Non è più il doppio ma è ancora tanto. Come difendiamo questo patrimonio?
“Abbiamo introdotto delle innovazioni che nessun Paese ha: siamo gli unici al mondo ad aver dato ai marchi Dop e Igp italiani una tutela pari a quella dei marchi privati su piattaforme web globali come eBay e Alibaba. Per citare un caso abbiamo bloccato vendite mensili di falso Parmigiano Reggiano per 136 mila tonnellate, più dell’intera produzione annuale di quello autentico”.
C.d.G.