Valerio Capriotti
Alzi la mano a chi non è mai capitato.
Anche davanti alla migliore interpretazione gastronomica una nota stonata in sala rovina inevitabilmente quell'esperienza. Può essere un gesto poco cortese ma anche di approssimazione, o peggio ancora, di incompetenza. Dall’altra parte bisogna rivalutare, restituendogli dignità, il mestiere di chi lavora con passione e professionalità in sala ma che spesso rimane all’ombra di chef-star.
Da una simile semplice riflessione ha tratto ispirazione il gruppo “Noi di Sala”, formato da tutte quelle figure che con la loro professionalità hanno a cuore il benessere del cliente. Il valore e la necessità di una valutazione in merito sono stati ampiamente confermati dal successo ottenuto lo scorso 10 febbraio da Identità di sala al Congresso Identità Golose e da un documentario/denuncia prodotto da Food Genius Academy dal titolo “Emergenza Sala” in cui lo chef Massimo Bottura afferma “La sala incide per il 52% mentre un piatto incide per il 48% ”.
Dopo la nostra intervista a Giuseppe Palmieri, maître dell’Osteria Francescana di Modena, alla vigilia di Identità di Sala, abbiamo intervistato Valerio Capriotti, direttore sommelier del ristorante Duomo di Ragusa Ibla di Ciccio Sultano e referente per la Sicilia di “Noi di sala”.
Da dove nasce il bisogno di riformare le vostre figure professionali?
“Parlando di servizio in generale nella ristorazione è forte l’esigenza di creare dei luoghi dove la competenza non sia appannaggio esclusivo della cucina. In quanto direttore sommelier, mi riconosco nella figura di uno specchio, che funge di volta in volta da catalizzatore o filtro nei confronti del cliente. Ciò che è emerso nel confronto con il gruppo “Noi di Sala” è un sentimento di umile e simpatico bisogno di rivalsa e di sana competizione, che ci permetta di stare al passo degli chef e delle loro innovazioni”.
Come è cambiata la clientela in Italia?
“I nostri ospiti sono diventati molto più esigenti e questo non fa che rendere più viva la necessità di arricchire le nostre conoscenze e competenze. Nel nostro settore, mai come in questo momento di incertezza anche dal punto di vista economico, avvertiamo una forte responsabilità nei confronti dei nostri ospiti ai quali è importante fare comprendere il valore delle persone che lavorano in sala ”.
La figura di chi lavora in sala non ha ancora lo stesso appeal di chi sta in cucina. È anche per questo motivo che “Noi di Sala” propone di trovare un sinonimo al titolo di “cameriere”?
“La figura di cameriere richiama alla mente il portapiatti di vent’anni fa che oggi sopravvive solo in qualche pizzeria. L’evoluzione del personale di sala è stata enorme, cambiando figura e ruolo. Oggi ci riconosciamo in quanto incaricati di una grande responsabilità, che è quella di dare voce ai piatti dello chef, facendo vivere un’esperienza unica al cliente”.
Come si approcciano i giovani a questo mestiere?
“Sono ancora molti, purtroppo, i ragazzi che hanno una visione distorta del lavoro in un ristorante. Senza formazione e gavetta è difficile ottenere dei risultati e per questo la maggior parte desiste presto. Ai miei ragazzi insegno ad essere curiosi, a confrontarsi quanto più possibile con altri ristoranti, carpendo dei dettagli da chi è più bravo di noi. Il nostro è un mestiere di alto artigianato che richiede ricerca, ambizione, voglia di perfezionarsi e grandissima umiltà”.
Quali sono le proposte di “Noi di Sala” per suscitare maggiore interesse verso la vostra professione?
“Il nostro è uno dei lavori più belli ed allo stesso sacrificanti, da felici ergastolani, che ti fa misurare con la tua passione, senza la quale non si va lontano. Credo che sia importante suscitare curiosità e ad Identità di Sala ci siamo riusciti in pieno. A marzo inizieranno dei corsi organizzati ad Eataly Roma, rivolti a chiunque abbia il desiderio e l’umiltà di imparare questo mestiere”.
www.noidisala.com
Daniela Corso