Intervista al patron della società di distribuzione e presidente del club Excellence. “Il futuro? Il Sud Italia ha molte carte da giocare”
Agenda sempre molto piena per Luca Cuzziol, imprenditore che si occupa in Italia della distribuzione di vini fini e di qualità. Stiamo parlando di una società che gestisce 155 agenti, 5 area manager, un direttore vendite, 25 dipendenti tra logistica e amministrazione e un portfolio di 42 aziende italiane e 61 straniere. Cuzziol prova a tracciare un bilancio di due anni difficili, frenati dalla pandemia. “Ma i numeri dei primi 8 mesi di quest’anno – dice – ci fanno già ben sperare, perché registriamo un aumento a due cifre. E se si dovesse continuare con questo trend, il 2021 farebbe registrare un aumento di vendite superiore al 2019”. La sua azienda distribuisce vini per il 90 per cento nei ristoranti. Il 10 per cento va nelle enoteche, piccoli distributori e canali e-commerce. “Il mondo dell’online adesso fa parte del mondo del vino – dice Cuzziol – E’ un po’ il presente del futuro. Per fare un paragone, è quello che è accaduto circa 30, 40 anni fa con la Gdo che si affacciava nei mercati dei vini importanti. Certo è una cosa che va gestita. Perché come ci sono cattivi ristoratori, cattivi enotecari, cattivi distributori, ci sono anche le cattive piattaforme di vendite del vino”.
Ma qual è il successo dell’e-commerce secondo Cuzziol? “Il fatto che il cliente trovi sempre tante informazioni su questo o quel vino – dice – Oggi le enoteche si sono un po’ spersonalizzate, non è come negli anni ’70 o ’80 in cui i titolari di enoteche raccontavano tutto di un vino o portavano ai clienti bottiglie di un certo prestigio e dopo tante ricerche”. Ma per Cuzziol, “è impossibile digitalizzare tutto. Anche perché gli estremismi non sono mai positivi in nessun contesto”. Il futuro delle vendite dei vini italiani deve ruotare tutto intono ad una parola: territorialità. “E’ un modo più facile per comunicare e vendere i nostri vini all’estero – dice – ma io sto parlando di una territorialità vera, legata ad un terroir sincero. Un po’ come hanno fatto nella Borgogna, per fare un esempio”. E a proposito di Francia e francesi dice: “Hanno un pragmatismo nel loro Dna che li aiuta sempre – Loro sanno fare squadra magari senza avere uno Stato forte. Noi, invece, aspettiamo che lo Stato ci faccia da chioccia. Ecco credo che dovremmo condividere di più e fare sistema”. Un po’ come quello che ha fatto nel Club Excellence di cui è presidente: “Ma non sono un solo presidente – dice – Noi siamo 5 persone che condividiamo esperienze, pareri, opinioni (si riferisce all’intero Cda, composto oltre che da lui, da Christian Bucci (Les Caves de Pyrene Srl), Alessandro Sarzi Amadé (Sarzi Amadé Srl), Pietro Pellegrini (Pellegrini Spa) e Massimo Sagna (Sagna Spa), leggi questo articolo>). C’è grande coesione. Ed è proprio riferito al concetto di fare squadra che dicevo prima. C’è grande attesa per il nostro evento di Modena, Champagne experience (leggi questo articolo>)”. Il futuro dell’Italia parla sempre più meridionale, almeno dal punto di vista dei vini: “Ma i camabiamenti climatici non aiutano in questo momento – dice – ritengo che dovremmo concentrarci sulle cose buone che abbiamo. Anche se la grande polverizzazione della nostra offerta è difficile da esportare e comunicare”. E poi i suoi vini preferiti: “A casa di solito bevo quello che non bevo da tempo – dice – Scelgo un vitigno o un territorio e mi concentro su quello. Per il resto sono affascinato da Pinot Nero e Nebbiolo per i rossi e Carricante e Garganega per i bianchi. Anche se sono una persona molto curiosa. Assaggio i vini di tutti. Ma poi non posso venderli tutti”.
F.C.