di Dario La Rosa
Le Langhe per alcuni sono anche uno stato d’animo, di certo sono l’espressione naturale di un vino, il Barolo, che rappresenta l’anima istituzionale del Bel Paese.
Per farci raccontare questo mondo, abbiamo scelto il presidente del consorzio di tutela del Barolo e Barbaresco, Matteo Ascheri.
Partiamo dalle vacanze: dove, come e con chi?
“Io faccio delle vacanze mordi e fuggi con weekend lunghi. Non sono tipo da grandi partenze. Sono stato nel nord del Piemonte, poi sul Lago Maggiore, o in Liguria, al mare. La verità è che non mi stacco troppo dall’attività”.
Immagino questo sia dovuto anche al clima impazzito che mette in costante stato di ansia molti viticoltori italiani.
“Qui siamo stati abbastanza fortunati, perché ha piovuto in modo lieve e l’acqua venuta giù non ha fatto disastri. Ovviamente lo dico toccando ferro perché tutto l’andamento è difficile da capire. Al momento questa pioggia aiuterà la maturazione. Dopo i problemi di siccità e temperature elevate adesso la situazione è meno critica”.
Dunque un’annata importante anche per i vostri vini?
“Siamo tutti curiosi di vedere come andrà, anche in relazione all’annata dalle caratteristiche estreme, ricordiamo che anche qui si sono fatte sentire temperature alte e mancanza d’acqua. La vite però sembra sempre dare segnali positivi. Siamo ottimisti e fiduciosi. Si è cominciato a staccare i primi grappoli e i riscontri sono buoni. Abbiamo capito che non possiamo contrastare la natura, fa parte dell’approccio culturale che è un po’ l’essenza del nostro vino. La natura è più forte di noi”.
Raccontiamolo, allora, il vino delle Langhe o spieghiamo come poterlo comprendere al meglio, arrivando alla sua essenza.
“La qualità accumuna ormai l’intera produzione Italiana di vino. La cosa importante, partendo da questo presupposto, è che per comprendere un vino occorre avere un approccio preciso con alcuni concetti: da dove arriva, che sia espressione di un vitigno autoctono e infine che rispecchi il produttore che interpreta un vigneto e un vitigno. La riconoscibilità è la cosa più importante per un vino. Il suo aspetto culturale. Qui in Piemonte le aziende sono di carattere personale e quindi l’identità fa la differenza, inteso come il quid che aggiunge al suo vino il singolo produttore. Questo aiuta sul mercato, essere unici e irripetibili rispetto all’omologazione che dilaga. Per spiegare questo concetto uso dei paragoni: un po’ è come quando si cucina usando ingredienti buoni, ma se si aggiungono tante altre cose si coprono i sapori di base. Mi piace dire che noi delle Langhe facciamo vini unplugged. Infine c’è la chirurgia estetica: tra una bellezza naturale e una rifatta preferiamo quella naturale. Poi è pur sempre una questione di gusti”.
Molto bello l’accostamento alle arti. Se il Barolo fosse, non so, una musica, un film o un libro…?
“Per quanto concerne la musica siamo sul classic rock come tipologia di prodotto. Sui libri anche qui andrei sui classici, ma non quelli scontati. I nostri vini sono eleganti, ma insieme potenti quindi concetti forti ma espressi con leggerezza. I film di Sergio Leone hanno la giusta atmosfera che ne contraddistingue il carattere: poesia e insieme potenza espressiva”.
L’ESTATE DI FRANCESCO LIANTONIO>