di Dario La Rosa
Se vai in cerca di un luminare del vino non puoi non imbatterti nel suo nome, soprattutto se, sembra uno scherzo del caso, vuoi conoscerne la parte scientifico-tecnica.
Perché uno scherzo? Perché la persona in questione fa Attilio di nome e Scienza di cognome. È professore in pensione di miglioramento genetico della vite all’università di Milano e presidente del comitato nazionale delle denominazioni d’origine e poi anche tanto altro (leggi qui>).
Professore, ci parli intanto della sua estate, la immaginiamo attorniato di volumi tecnici e altri libri, giusto?
“In estate sto molto a casa perché uso questo periodo per fare ordine in biblioteca e completare i lavori in sospeso. Sto infatti completando due libri”.
Ce ne parli
“Uno è un libro sui vitigni autoctoni delle varietà italiane tra mito e Dna, dalle origini epiche sino ai riscontri legati ai profili molecolari. L’altro è fatto con alcuni colleghi e parla di come fare storytelling in cantina. Cosa deve fare il produttore o viticoltore quando incontra gli ospiti”.
Interessante, anche perché proprio dallo storytelling passa buona parte del successo in generale e anche del successo dell’enoturismo. Ci dica, cosa e come deve raccontare il vino chi ne è padre in azienda?
“Semplice e insieme complesso questo tema. Da un lato, come diceva Orazio, bisogna mescolare l’utile al dilettevole. Occorre fare un mix di scienza ed elementi accattivanti. Chi parla deve conoscere storia, origine geologica, clima. Sembra semplice in teoria ma difficile praticamente. Serve una grande preparazione per far bene. Non si possono usare solo le risorse personali, le storie della famiglia e basta. Occorre una cultura, una cultura da formare che tocchi anche la terra, la geologia e altri elementi tecnici che a quel punto spiegano il territorio e quindi quel vino che andremo ad assaggiare. Quelle che stiamo scrivendo sono informazioni per i viticoltori trentini, ma ogni regione dovrebbe avere un testo di riferimento per ampliare il contesto nei termini che ho descritto”.
Restiamo in tema di letture, allora. Cosa tiene sul comodino in questi giorni?
“Leggo in genere saggi, ne sto leggendo uno sulla mitologia in Sicilia e uno su come raccontare la storia della terra leggendo i cerchi annuali delle piante. Analizzando le sezioni tronco, per intenderci, si può comprendere cosa è successo”.
I miti e il mondo del vino hanno un legame indissolubile. Ci parli della loro importanza e se ha un mito a cui è particolarmente legato.
“Tutti i miti sono legati al vino, per questo non ne saprei scegliere uno. Il vino era l’elemento con il quale la presenza greca in occidente affermava la sua superiorità. I popoli che incontravano venivano affascinati da questo prodotto. Attraverso il vino esportavano miti e religione. Era una sorta di colonizzazione culturale senza l’uso della forza”.
La forza dell’uomo e la natura, un binomio di cui si parla con insistenza anche riguardo ai cambiamenti climatici in atto. Che ci dice del futuro della viticoltura? Lei è famoso per degli esperimenti che hanno a che fare con le modifiche genetiche, che sono state criticate in Francia. A che punto è anche questo suo progetto?
“Bisogna distinguere le tempistiche. La situazione si potrà risolvere nel medio lungo termine solo con la genetica. Nel breve periodo dobbiamo usare meno acqua e lavorare con l’arido-agricoltura. Si deve dunque tornare a vecchi sistemi come la vite ad alberello, la distanza fra le pianta, le arature e il controllo delle chiome. Bisogna pensare a nuovi modelli anche per il Nord, che soffre maggiormente del cambiamento climatico in atto. Ma non possiamo neanche possiamo pensare che sia sempre così. Magari fra qualche anno si tornerà a una grande piovosità. Ma la soluzione futura, lo ripeto, è genetica: in questo senso c’è una strada convenzionale che è quella fatta con gli incroci ma c’è un discorso “altro” legato ai portainnesti. La scienza riesce a creare piante che possono risparmiare il 50 o 60 per cento di acqua senza cambiare la produzione. È quello che ci dicono i nostri esperimenti. Sono convinto che prima o poi a livello europeo la normativa cambierà. Il problema burocratico legato agli Ogm sarà superato in qualche modo. Ma da lì si dovrà lavorare seriamente sulle varietà che si adattano ai cambiamenti climatici. In Italia siamo avanti e la ricerca funziona. Ma i centri di ricerca dovranno allearsi per l’intero settore e servirà grande coordinamento. Il nostro Paese potrà essere un grande attore”.
Chiudiamo con un brindisi. Cosa beve in estate?
“In estate bevo poco a volte una birra Weiss con succo di limone come fanno i tedeschi. A volte qualche spumante. Ma non dimentico il lambrusco, come quello che mi è stato regalato di recente da un amico. Brioso e profumato, come l’estate”.
L’ESTATE DI FRANCESCO LIANTONIO>