di Giorgio Vaiana
Senza timore di essere smentiti, potremmo definirli gli eroi di Ustica.
Sono i coltivatori (giovani soprattutto) che hanno ripreso a coltivare sull’isola della provincia di Palermo, le lenticchie, diventate anche presìdio Slow Food. Quest’anno la produzione è rientrata nella media normale, dopo l’annata orribile dello scorso anno, quando il raccolto era calato del 70 per cento circa. “Quest’anno il clima è stato molto più clemente rispetto allo scorso anno – dice Margherita Longo, dell’Azienda agricola Hibiscus – soprattutto per quanto riguarda le piogge, che sono cadute quando dovevano”. Oggi le lenticchie di Ustica sono molto apprezzate, “tanto che il nostro raccolto va subito a ruba – dice la Longo – e non riusciamo a soddisfare tutti gli ordini che ci arrivano. Abbiamo prenotazioni già per il prossimo raccolto”. Ma non si riesce a far conoscere questo prodotto così eccezionale al di fuori dei confini nazionali: “Non per una nostra mancanza di volontà – dice la Longo – ma perché Ustica è quella che è e l’estensione dei terreni è molto limitata. Si può coltivare la lenticchia in pochissimi ettari”.
E coltivarla non è per nulla facile: “Già – spiega Margherita – qui ogni forma di meccanizzazione è praticamente impossibile se non nella parte della semina quando riusciamo ad utilizzare dei trattori un po’ più piccoli. Per il resto è necessaria molta manodpera. Ed è per questo che la lenticchia di Ustica costa parecchio”. Stiamo parlando, al dettaglio, di un prezzo che oscilla tra 18 e 20 euro al chilo: “E’ costosa, è vero – dice Margherita Longo – Ma c’è un motivo. Si tratta di un legume che ha bisogno di molte cure e attenzioni. Ogni giorno siamo sui campi a togliere, zappa in mano, tutte le erbe infestanti che soffocherebbero le piante. E poi la raccolta, uno dei momenti più complessi. Per non parlare del fatto che la pianta della lenticchia è davvero molto delicata. E basta un nonnulla per perdere tutto il raccolto. Non ci si guadagna tantissimo. Per questo chi coltiva lenticchie, poi, produce anche altre cose”. La lenticchia di Ustica si trova in un circuito di nicchia, di gastronomia molto ricercata. Per le sue caratteristiche, è facile da cucinare e non necessita di ammollo a differenza di quelle commerciali, o di ceci, fave e fagioli. “Un cibo molto salutare che rientra in quel ritorno ad un’alimentzione svincolata dalla proteine animali – dice Margherita – la lenticchia è un seme che si mangia tal quale, perché non ha praticamente nessuna trasformazione se non la cottura. Ed è stato importante recuperare questa coltivazione, per la storia e la cultura della nostra isola”. Coltivare la lenticchia di Ustica per Margherita Longo “è una sfida – dice – ma siamo davvero felici di essere i custodi di questo tesoro. E ci impegneremo sempre per proteggerlo”.