di Giorgio Vaiana
Un viaggio su e giù per l’Italia per raccontare tutti i segreti delle “nonnine” dei vigneti del nostro paese.
Alessio Turazza, giornalista del Gambero Rosso, ha realizzato una serie di reportage che saranno pubblicati nella rivista italiana di Food and wine, in cui racconta le vigne centenarie italiane. Un patrimonio di inestimanbile valore, non solo culturale. A Cronache di Gusto, racconta il suo lavoro.
Come nasce l’idea del reportage sulle vigne centenarie?
“Sono sempre stato appassionato di storia della viticoltura e l’interesse per le vigne centenarie s’inserisce all’interno di questo percorso. Le vigne prephylloxera costituiscono un prezioso patrimonio sopravvissuto al flagello che ha distrutto quasi tutto il vigneto europeo. Un tesoro da custodire con cura, memoria del passato e di una biodiversità ormai scomparsa. Inoltre, le vigne centenarie sono di una bellezza straordinaria. I loro tronchi maestosi disegnano paesaggi di grande fascino”.
Hai iniziato dall’Etna, territorio che sta vivendo un grande exploit. E ricco di vigne centenarie. Raccontaci un po’ questo viaggio?
“Amo molto l’Etna e i suoi vini. Quando assaggio un vino che mi piace sento la necessità di andare a vedere il luogo in cui nasce. È cominciata così, molti anni fa, la scoperta delle vigne centenarie dell’Etna. Da alcuni anni la dicitura “prephylloxera” è iniziata a comparire sempre più spesso sulle etichette dei vini etnei. Oggi esistono molte bottiglie realizzate solo da vigne centenarie ed era il momento di parlarne e di approfondire l’argomento”.
C’è qualcosa che ti ha colpito in particolare dei territori del Vulcano?
“I vulcani e in particolare l’Etna, mi trasmettono sempre una sensazione di straniamento, di disorientamento esistenziale di fronte alla forza assoluta degli elementi primordiali. È un fascino magnetico che attrae in modo istintivo e irrazionale ed è ripagato da vini straordinari”.
Come sta in generale il mondo del vino italiano? Quali i punti di forza e quali le debolezze?
“A parte le difficoltà contingenti dovuti alla pandemia, il vino italiano è, in generale, in continua crescita. Oltre alle eccellenze prodotte nelle aree più famose, la valorizzazione del patrimonio delle varietà autoctone ha permesso di portare alla ribalta territori e vini molto interessanti, che hanno arricchito e vivacizzato il panorama enologico della penisola”.
Quali secondo te i territori del vino italiani da tenere d’occhio nei prossimi mesi?
“Terrei d’occhio la Valle Isarco, soprattutto per il Sylvaner, la zona dell’Umbria del Trebbiano Spoletino, l’area marchigiana della Ribona e ovviamente l’Etna, un territorio che non si finisce mai di scoprire per la sua sfaccettata complessità, fatta di altitudini, esposizioni e composizione dei suoli molto diversi”.
La tua ultima “grande” bevuta… Cosa avevi nel calice?
“Un ottimo Riesling, tra i miei vini preferiti in assoluto”.