di Giorgio Vaiana
A poche ore dallo sfogo di Beppe Rinaldi contro l'aumento degli ettari vitati da destinare alla coltivazione di Nebbiolo per Barolo deciso dal Consorzio (leggi questo articolo), interviene il presidente Orlando Pecchenino.
“Premetto – dice il numero 1 del consorzio Barolo Barbaresco Alba e Dogliani – che non voglio fare nessuna polemica soprattutto nei confronti di “mostri sacri” come Beppe Rinaldi. Mi dispiace solo che questo sfogo sia finito sui giornali e non sia stato discusso nelle sedi opportune”. Pecchenino si muove in punta di piedi, calibra con attenzione tutte le parole che utilizza nel corso della nostra intervista e spiega i motivi della decisione del consorzio: “Una decisione che risale a più di sei anni fa e che è stata presa in accordo con l'intero consiglio di amministrazione – spiega Pecchenino – Abbiamo dovuto fare una sintesi tra coloro che volevano l'apertura totale del consorzio ai nuovi impianti e chi chiedeva delle tutele. Da queste due diverse facce di una stessa medaglia, è venuto fuori il nuovo regolamento che prevede l'aumento di soli 30 ettari per quest'anno”. Una cifra piccola rispetto agli oltre 130 ettari di richieste di nuovi impianti che sono pervenuti alla regione: “Abbiamo dato un regolamento all'espansione del Barolo – dice Pecchenino – che così è controllata e non stravolgerà il mercato. Senza questo regolamento, avremmo anche potuto avere una crescita esponenziale che avrebbe distrutto e compromesso un territorio. E non sarebbe stato giusto impedire ai produttori di fare Barolo che così sarebbe rimasto solo appannaggio delle famiglie storiche. Non mi sembrava una scelta democratica”.
Nessun timore per il paesaggio e i boschi: “Ci sono dei vincoli ben precisi – spiega Pecchenino – Mi pare evidente che ormai dalle nostre parti si vada verso la monocoltura. I produttori hanno capito che il Nebbiolo è maggiormente remunerativo rispetto alle altre uve, anche di 7/8 volte. E poi le altre uve ormai non sono così interessanti. I terreni per i nuovi impianti saranno scelti con cura, magari sfruttando, e ce ne sono, i gerbidi. I pascoli? Non mi pare che ce ne siano più così tanti”. Per Pecchenino però il punto fondamentale è un altro: “Non è che bloccando una produzione o facendo una tiratura limitata questa coincida con l'aumento dei prezzi – dice Pecchenino – Non è una cosa vera. L'aumento dei prezzi deriva da tanti fattori, soprattutto dalla qualità. E quella dipende dai produttori, da come lavorano in vigna e in cantina. Anche a me piacerebbe vendere Barolo a 200 euro la bottiglia. Ma bisogna crescere tutti insieme. E i produttori ne devono prendere coscienza”. Da qui la scelta di stabilire una crescita controllata degli impianti. “Una gestione correrra e graduale – dice Pecchenino – che rispetta la volontà dell'80 per cento degli iscritti al consorzio. Non stravolgeremo nulla”.
Barolo che continua la sua crescita inesaurbile con oltre il 7 per cento di richieste dal mercato in più e un aumento dei prezzi che in dieci anni è cresciuto anche con punte del 15 per cento. Il consorzio comprende 2.118 ettari di vigneti. Che diventeranno a breve 2.148. Il 2013 ha visto la commercializzazione di 13,4 milioni di bottiglie. Per il 2014 previsto un calo di oltre 1,5 milioni di bottiglie. Per il 2015 piccolo recupero. Ma c'è grande attesa per l'annata 2016, indicata come quella, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, da ricordare a lungo. Si dovrebbe superare quota 14 milioni di bottiglie immesse sul mercato.