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L'intervista

La svolta verde di Zonin

07 Aprile 2011
zonin zonin

La svolta verde di Zonin parte dalla Sicilia. La tenuta di Riesi, la Feudo Principi di Butera, in provincia di Caltanissetta, avrà cinque ettari coltivati a Nero d’Avola,con un metodo che ricorda quello biodinamico.

E’ una goccia se pensiamo alle 10 tenute dell’impero Zonin e ai 1.800 ettari di proprietà.Ma è pur sempre un segnale come conferma Franco Giacosa, il direttore tecnico dell’azienda di Gambellara,nelVicentino, il quartier generale. E Gianni Zonin, il patron che con i figli, Domenico, Francesco e Michele guida l’impero, spiega la svolta ambientalista: “Meno antiparassitari meno concime fino al limite possibile. Ci crediamo, tanto che abbiamo avviato piccole produzioni di uva con un forte concetto di sostenibilità”. Oltre ai 5 ettari di Feudo Principi di Butera ci sono altri sette ettari a Montemassi in Maremma nel Grossetano dove gli Zonin hanno una tenuta e poi a Cà Bolani, in Friuli, nelle campagne di Cervignano altri 4 ettari. Tre territori, tre esperienze sostenibili diverse perché diverse sono le peculiarità del terreno e soprattutto quelle del clima. “Un primo passo significativo – dice Giacosa – perché comunque la sostenibilità deve stare al passocon i conti economici. Ma stiamo già eliminando diserbanti, concimi chimici e i trattamenti sono solo quelli consentiti dalmetodo biologico o biodinamico”. Giacosa è un po’ l’artefice di questa piccola rivoluzione verde che entra in casa Zonin. Passi graduali ma che già delineano una tendenza. Continua il direttore tecnico dell’azienda veneta con vigneti sparsi in tutta Italia: “Approcciarsi ad una produzione più sostenibile ci impone anche il ricorso a una viticoltura di precisione, un aspetto che non potremo più trascurare nei vigneti dove porteremo la nuova filosofia. E poi molta attenzione viene rivolta alla fertilità del suolo che non solo deve essere mantenuta ma migliorata nel tempo senza l’utilizzo di prodotti chimici”. Tutto sarà fatto con gradualità ma la strada è già individuata. Con Zonin si parla invece anche di Sicilia. Il suo investimento di quasi una quindicina di anni fa ha segnato l’inizio di un’epoca nuova per il vino dell’Isola, anzi è opinione corrente che ha contribuito a sdoganarlo.

E adesso, come sta la Sicilia del vino?
“La Sicilia è piazzata bene, la qualità media si è alzata ma l’interesse verso i vini siciliani si è stabilizzato, non è più in crescita”.

Cosa fare per esempio?
“Bisogna fare squadra per valorizzare l’immagine. E invece vedo troppa frammentazione, troppa individualità.

La Doc Sicilia potrebbe aiutare?
“Direi di sì.Ma non basta. Se poi si tenta di valorizzarla con azioni pocomirate e dispersive si vanifica tutto. Io suggerirei di concentrare le azioni su uno-due Stati all’anno. Stati Uniti e Russia direi. Da soli non andiamo in nessun posto”.

Che Vinitaly sarà quello del 2011?
“Sarà il migliore degli ultimi tre anni”.

La crisi è alle spalle?
“Non del tutto ma ci sono fattori positivi almeno in quest’inizio 2011”.

Quali?
“Il consumo in Italia è ancora in caloma per esempio abbiamo assistito alla crisi che ha colpito alcuni nostri Paesi concorrenti. Si pensi alla siccità che ha colpito l’Australia.O ai problemi di Argentina e Cile.La superproduzione cronica di vino nel mondo insomma ha avuto una battuta d’arresto e noi italiani ne stiamo già beneficiando.Anche perché i prezzi dei vini dei nostri competitor sono aumentati in modo sensibile.Creando una situazione favorevole per noi”.

Già. Ma in Italia i consumi calano…
“L’ho già detto. Colpa anche di una demonizzazione ingiusta. Il vino è una bevanda della tradizione. Un bicchiere di rosso è identità, cultura, tradizione. Dobbiamo ripartire da lì e comunicarlo soprattutto ai giovani”.

F.C.