di Giorgio Vaiana
Il comune di Tramonti viene definito il polmone verde della costiera amalfitana. Poco più di 4.200 residenti d’inverno che diventano oltre diecimila nel periodo estivo.
Siamo in provincia di Salerno. Se la pizza forse non è nata qui, di certo deve a Tramonti prorio il suo successo. Una storia che meriterebbe di essere scritta in un libro, che inizia negli anni ’50, in pieno dopoguerra e che si dipana per il Nord Italia, per l’Europa e varca l’Oceano fino a raggiungere le Americhe. Il successo della pizza parte da questo piccolo paesino e arriva in tutto il mondo grazie a Luigi Giordano. Che si trasferisce a Novara e inizia a produrre mozzarella prima di aprire una sua pizzeria per utilizzare il formaggio e la mozzarela che gli avanzava. Il successo è tale che Giordano comincia a richiedere sempre più manodopera dal suo paese: prima coinvolge i familiari, poi gli amici, poi i paesani. E, avendo una disponibilità economica, inizia ad aprire le sue pizzerie in giro per l’Italia e per il mondo. Una sorta di primo franchising. Tutte le pizzerie si rifanno a nomi napoletani: da marechiaro, il nome che va per la maggiore, passando per Bella Napoli, oppure Piedigrotta. Negli anni ’70 Giordano festeggiava il suo primo miliardo. Un record per quei tempi. Da qui prende pian piano corpo l’idea di riunire tutti i pizzaioli e ristoratori di questa zona sotto un’unica ala protettrice di una associazione. E nel 1991 nasce la corporazione dei pizzaioli di Tramonti.
Proprio un anno fa, però, la corporazione diventa associazione. Presidente è Vincenzo Savino, che di Tramonti è anche il vicesindaco. Lui si è fatto promotore di decine e decine di iniziative per l’associazione. Tutte rimandate per il coronavirus. E adesso si trova a gestire l’emergenza sanitaria che in realtà è diventata ben presto emergenza economica. “Dimentichiamoci della stagione 2020”, dice senza giri di parole il presidente, che aggiunge: “Nella lettera che abbiamo inviato al governo abbiamo chieso prima di tutto un incontro, virtuale è chiaro, per far sapere loro che drammi stiamo vivendo. E poi, pochissimi punti per evitare il collasso di un sistema che è già pesantemente compromesso”. In Costiera amalfitana, ci sono 13 comuni. Trentamila sono i posti letto e oltre 150 i locali tra ristoranti e pizzerie. Solo a Tramonti, per fare un esempio, ci sono 200 persone che l’1 aprile non hanno iniziato a lavorare nei vari hotel e ristoramti per iniziare la stagione estiva.
“Qui si è fermato tutto – dice Savino – Considerate che anche gli alberghi di lusso stanno ipotizzando proprio di non aprire nel 2020. Sarebbe un dramma non solo per i dipendenti di queste strutture, ma anche per l’indotto”. La situazione è davvero molto seria. E nonosante Savino si proclami ottimista, aggiunge: “Sono anche realista – dice – Il picco in Campania non è ancora arrivato. E’ previsto per fine aprile. L’emergenza potrebbe terminare i primi di giugno. Ma mi pare davvero impossibile che subito tutto si riattivi come un tempo. Tenete presente che da noi il turismo, per l’80 per cento, è fatto da stranieri, americani, tedeschi, cinesi, giapponesi, adesso anche russi e sceicchi. Paesi in cui l’emergenza coronavirus è arrivata dopo di noi e che quindi terminerà dopo. Bisogna essere realisti e dire le cose come stanno: la stagione 2020 è finita ancora prima di iniziare”. E allora ci si concentra sul 2021: “Certo – dice il presidente – Ma dobbiamo avere le carte per giocare bene. E questo noi chiediamo al governo. Al di là delle cose che tutte le associazioni hanno chiesto, noi al premier e ai ministri abbiamo chiesto gli ammortizzatori sociali e liquidità per la ripresa veloce. Al nostro appello hanno aderito tante altre associazioni. Pensate che facendo dei conti veloci, ogni locale ha perso in media 4/5 mila euro di merce che aveva nei magazzini prima della chiusura definitiva. Ora bisogna salvare il salvabile, soprattutto perché la ripresa sarà sicuramente legata a delle misure restrittuve e quindi i locali non potranno di certo ricominciare a pieno ritmo. Molti di questi, poi, sono sicuro che dopo la crisi non avranno la forza economica di riaprire. E questa è la cosa che mi fa più male. Lo dico da amministratore e da presidente dell’associazione”.
Tra i passaggi chiave della lettera inviata al premier Conte: “C’è tanta apprensione per tutti i pizzaioli d’Italia, specialmente per coloro che esercitano la loro attività nelle regioni maggiormente colpite dal dramma. Il nostro auspicio è che nessuno di loro sia costretto a tirare giù la saracinesca o a perdere il proprio lavoro. Se così fosse, un po’ della memoria storica del nostro Paese sbiadirebbe e ne usciremmo, tutti, sconfitti. (…) L’emergenza Covid–19 e le misure restrittive intraprese al fine di fronteggiarla hanno ingenerato una crisi che, però, nella sua drammaticità, deve essere da occasione per ripensare, in maniera concreta ed immediata, all’efficienza e allo sviluppo del nostro Paese. Non si deve, quindi, ignorare la gastronomia made in Italy, nota a tutto il mondo per la sua prelibatezza”.
Tramonti per adesso vive l’emergenza sanitaria con molto distacco per fortuna. In paese c’è un solo contagiato. “Noi siamo una lista civica e non apparteniamo a nessuno schieramento politico – dice Savino – Il presidente De Luca può piacere o non può piacere, ma quello che ha fatto, lo ha fatto per il suo passato da sindaco. Lui conosce molto bene le realtà dei comuni e sapeva benissimo che un’emergenza simile, se non presa con le giuste misure, ci avrebbe rovinato sotto tutti i punti i vista”. A Tramonti ci sono circa 500 posti letto, oltre 20 tra ristoranti e pizzerie e ben 13 caseifici. Oltre alla sede principale del maestro pasticciere Sal De Riso. Due modi diversi di vedere la pizza, quella della scuola di Napoli e quella della scuola di Tramonti. “Oggi è moda – dice – ma la nostra pizza nasce già integrale, una miscela di farine di segale, orzo, miglio e farro. Questo impasto serviva per fare il pane che durava dai sette ai dieci giorni. Per capire se il forno aveva raggiunto la temperatura corretta per poter infornare il pane si faceva la pizza”. La marinara era quella maggiormente preparata: “Chi se lo poteva permettere aggiungeva le alici di Cetara – dice Savino – Mozzarella? Impossibile. Costava troppo per quei tempi e comunque nel forno si seccava”. Già perché per cucinare il pane nel forno non ci deve essere una fiamma viva. Allo stesso tempo, questo procedimento tende a seccare gli ingredienti della pizza. Questo è un comune con una grandissima tradizione turistica. Qui è nato l’inventore della bussola Flavio Gioia e il nome del vento Tramontana venne coniato proprio qui da un gruppo di marinai per le raffiche che soffiavano da queste parti. Da qui sono partite tantissime persone alla ricerca di miglior fortuna, non solo al Nord Italia, ma anche in giro per il mondo “e non c’è famiglia da queste parti che non abbia uno zio o un parente emigrati fuori”. Ma c’è di più perché sono oltre duemila in tutto il mondo le pizzerie che hanno legami con questo comune della costiera amalfitana. Sia perché sono state aperte da chi ha lasciato Tramonti, sia da chi adesso scommette sul nome della zona. “Oggi forse è il momento più difficile per questa nostra zona patrimonio Unesco – conclude Savino – Per questo abbiamo bisogno di certezze per ripartire alla grande non appena tutto questo sarà solo un brutto ricordo”.