di Giovanni Paternò
Ci sono persone che hanno la rara virtù di comunicare con chiarezza e competenza tenendo alta e piacevole l’attenzione degli astanti, dando le corrette informazioni, sorridendo e facendo divertire.
In poche parole sono degli affabulatori, capaci di parlare o di raccontare un fatto o una vicenda narrandola piacevolmente, come se fosse una favola. Uno di questi è Lorenzo Dabove, meglio conosciuto come Kuaska, genovese sessantenne che da oltre trenta anni è stato folgorato sulla via della birra, anzi delle birre, come costantemente afferma in quanto ci sono tanti tipi o meglio stili di birre che le rendono completamente diverse. Parliamo esclusivamente di quelle artigianali, le birre non pastorizzate e possibilmente non filtrate. Si considera scherzosamente non il maggior conoscitore di birre ma l’unico. Qualcuno l’ha poeticamente definito: “essere mitologico sorto da un lago di birra in fermentazione ed allevato in una mezza barrique di quercia con lambic e pane di trebbie, italiano di vita, belga di afflato”. È una persona di grande cultura, che ha sviluppato una conoscenza incredibile del mondo delle birre. Conosce e ricorda sapori, nomi, fatti, curiosità, aneddoti e quando fa una lezione o una conversazione, gli astanti rimangono calamitati dalle sue parole, capaci di spaziare con voli pindarici, affascinati dalla sua simpatia. Gli abbiamo posto alcune domande.
Che significa Kuaska?
L’ho inventato assumendolo artisticamente nel 1982 per il personaggio di poeta alieno che facevo a teatro. E’ l’abbreviazione di Kuaskanapucja (primo nome che assunsi da quel giorno) ma non ha alcuna etimologia.
Al ristorante l’abbinamento quasi esclusivo della birra è con la pizza.
Questo abbinamento sta diventando obsoleto, il consumatore attento si evolve, è nato un movimento della birra artigianale, nascono i beer shop, la birra entra nei tavoli dei ristoranti tradizionali, si sviluppano sempre più stili per cui l’abbinamento cibo-birra sta esplodendo. Ormai spesso faccio lezioni su come affiancare ad un piatto la giusta birra. Finalmente si è scoperto che le birre possono coprire tutta la tavolozza gustativa dei cibi. Ho creato un format “Là dove le birre osano, i vini non possono osare”
Il fenomeno dei microbirrifici americani, che poi spesso di micro non hanno niente.
Il fenomeno americano è sconvolgente, è incredibile; sono stato il primo a scoprirlo e ad intuirne lo sviluppo. Trovi birre artigianali dappertutto; c’è una grande amicizia tra i birrai, appena uno comincia a produrre entra nella Brewers Association, la voce appassionata dei birrai artigianali. Ho sentito Sam Calagione, tra l’altro di origini siciliane, forse il più famoso birraio americano con la sua Dogfish Head Brevery, stare a consigliare a lungo un birraio agli inizi che nemmeno conosceva. Gli americani sanno fare le birre e le sanno vendere, addirittura alcuni hanno già venduto le produzioni del prossimo anno. Negli Usa ci sono birrifici a livelli di pub e la Sierra Nevada che produce oltre un milione di ettolitri. In Italia non si è ancora capito che la birra si beve copiosamente, anche a litri. Bisognerebbe farne tanta, invece ci sono birrai con produzioni ridicole. Addirittura quando un birraio raddoppia la sua produzione da mille a duemila litri senti qualcuno che si chiede, dicendo cavolate, se la qualità sia rimasta la stessa. Si producono gocce e se si raddoppia rimangono sempre gocce. La birreria industriale più grande d’Italia imbottiglia in un’ora l’intera produzione artigianale nazionale.
Perché pochi microbirrifici in Sicilia?
La Sicilia mi affascina, è per me la seconda regione e ci vengo sempre volentieri. Nelle altre regioni, dove prima c’era il deserto ora c’è una crescita esponenziale. La Sicilia era partita bene poi invece è andata regredendo. Non è un fattore ambientale ma solo questioni all’interno dei birrifici, come era successo al Wild Spirit di Alessandro Picciotto a Bagheria; spesso sanno fare le birre ma non sanno commercializzare; per fortuna ora c’è un fermento interessante per cui stanno rinascendo le birre artigianali siciliane.
I numerosi stili delle birre possono indurre il consumatore alla sindrome da asino di Buridano?
Nel proporre non si deve esagerare, è importantissimo il livello di competenza di chi offre. Mentre la birra industriale la bevi e vai via, l’artigianale ti incuriosisce, ti chiedi perché è torbida, perché sa di caffè. Devi essere preparato, devi conoscere bene quello che vendi e a poco a poco anche il consumatore comincerà a essere autonomo.
Il 12 dicembre da Spillo, la nuova birroteca accanto alla chiesa di San Giovanni degli Eremiti a Palermo, Kuaska presenterà le birre di Natale, così chiamate perché sono appena prodotte e commercializzate nel periodo natalizio. Occasione per conoscerlo e apprezzare i suoi racconti sul prodotto. L’appuntamento è alle 20 con la degustazione delle birre accompagnate da piatti stuzzicanti. Per informazioni e prenotazioni si può chiamare lo 091 6524642 o 335 5826561.