di Francesca Landolina
“La pandemia ha arrestato il trend di crescita etnea, le vendite del canale Horeca, ma ci sta insegnando a reinventarci: riprenderemo da dove c’eravamo fermati, con maggiore consapevolezza”.
Intervistiamo Graziano Nicosia, proprietario della cantina Nicosia di Trecastagni insieme al fratello Francesco, e vicepresidente del Consorzio Etna Doc.
Cosa accade sull’Etna, in tempo di pandemia?
“Sicuramente il periodo che viviamo è strano e bisogna affrontarlo, ma nascono opportunità e spunti di riflessione. La nostra denominazione è una delle più colpite dalle conseguenze economiche della pandemia, perché i vini etnei sono destinati soprattutto al canale Horeca, ai ristoranti, ancora oggi chiusi a causa del Covid. Detto ciò, nuove opportunità messe in campo, come la vendita online e nelle enoteche, ci hanno permesso di dirottare le perdite. In termini generali, in tutto il territorio, si è perso il 5 per cento circa di imbottigliato, rispetto al 2019. C’è però un valore che è saltato fuori grazie all’e-commerce. Scopriamo oggi un consumatore online, sempre più libero e non condizionato, che vuole Etna. Per il resto, siamo in attesa della ripartenza. A livello produttivo al pari del 2019, con 4 milioni di bottiglie Doc Etna prodotte. Usciranno i nuovi vini ma speriamo che presto sia finito tutto. Siamo preparati; il mondo vuole l’Etna. La domanda è forte e in ascesa”.
Si è parlato spesso della Docg. Il Consorzio ambisce ad ottenerla?
“Se ne parla da tempo e si andrà sempre più verso questa proposta. Per me, l’Etna merita la Docg, non ci sono limiti che possano impedire di ottenerla. C’è chi pensa che non serva a molto, ma ricordiamoci che in Italia esiste un sistema a scala per le zone del vino, che comunica con il mondo. Non è la Docg che ti fa fare il vino più buono ma se esiste questa classificazione, allora è giusto che l’Etna stia sul podio”.
Tra i temi del futuro, quanto è importante la sostenibilità?
“Da 1 a 100 conta 100; è uno dei temi più seri da affrontare. Per quanta riguarda la nostra azienda, è un tema a cui teniamo molto. Abbiamo ottenuto la certificazione Viva, un’etichetta del Ministero dell’Ambiente che nasce con lo scopo di misurare e migliorare la performance di sostenibilità della filiera vite-vino. E siamo in conduzione biologica certificata dal 2016. Anche il tema del biologico fa parte della sostenibilità, e credo che sull’Etna bisognerà monitorare gli ettari certificati e sensibilizzare di più. Per le certificazioni che attestano la riduzione degli impatti di produzione sull’ambiente, si comincia a valutare anche in Consorzio per avere un riferimento comune da adottare. Il tema andrà affrontato per il futuro”.
A proposito di futuro, alcuni aspetti promozionali sono saltati a causa della pandemia…
“Sì e bisognerà riprendere appena possibile. In questo periodo il Consorzio si è mosso con degustazioni online mirate, ma chiaramente la nostra volontà è quella di potere realizzare, come previsto, un evento istituzionale, nel territorio, che faccia conoscere l’Etna dal vivo. E poi ci saranno gli eventi all’estero che erano già in programma prima del Covid. Per adesso seguiamo la strada del digitale, la sola percorribile. Anche le fiere più importanti sono mancate, Vinitaly come Prowein, ma è stato saggio saltarle: non ci potevamo aspettare una grande partecipazione. Sappiamo bene tuttavia che una stretta di mano a volte vale più di mille presentazioni”.
Vini etnei: su cosa si dovrà puntare?
“Ormai sappiamo e abbiamo compreso che l’Etna non è una moda, ma bisogna sempre più alzare la qualità puntando sulla formazione e sulla comunicazione. Saper raccontare è importante. Detto ciò, punterei sulla longevità dei bianchi. Ci saranno delle belle sorprese in futuro”.
Si parla sempre più di vitigni reliquia
“Sì è così. Ben vengano le sperimentazioni, che fanno parte della crescita di un territorio. Anche noi pensiamo di farle. E se ne parla in Consorzio, ma è un tema che necessita di anni di studio e ricerca. Non c’è fretta”.
E il futuro?
“Io lo vedo roseo, credo molto nella produzione di metodo classico, sarà uno degli argomenti più forti del futuro. I risultati sono ottimi per una produzione di nicchia. Possiamo competere con Franciacorta, Trento Doc, Oltrepò Pavese, Alta Langa, i principali territori del metodo classico italiano, ma con le nostre peculiarità e con i nostri vitigni. La proposta etnea è e rimarrà di nicchia”.
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