di Giorgio Vaiana
E’ sufficiente pronunciare la parola “Marche” per vedere Alberto Mazzoni sedersi ed essere pronto ad infinite discussioni.
Lui, direttore dell’Imt, l’istituto marchigiano di tutela vini, ha un amore viscerale per la sua terra. E dell’Imt ne è il direttore (presidente è Antonio Centocanti). Stiamo parlando di una grossa realtà della regione, un super consorzio che riunisce oltre 470 aziende che rappresentano 15 denominazioni di origine (fra cui 4 Docg) e un valore delle vendite all’estero che rappresenta oltre l’80 per cento dell’intero export marchigiano. “Stare insieme è la cosa migliore da fare”, dice Mazzoni. E questo concetto di unione, di comunione di intenti, lo ribadisce più volte nel corso della nostra chiacchierata telefonica. Nato nel 1999 dalla volontà di 19 soci con 7 denominazioni tutelate, oggi Imt promuove 15 su 19 denominazioni marchigiane e rappresenta il 45% della superficie vitata regionale (oltre 8 mila ettari tra le province di Ancona, Macerata, Pesaro-Urbino, Fermo). Ora il Verdicchio non è più il vino più rappresentativo della regione. Ma gli fanno ottima compagnia le Doc Bianchello di Metauro, Colli maceratesi, Colli pesaresi, Esino, Lacrima di Morro d’Alba, Pegola, Rosso Conero, San Ginesio, Serrapetrona, oltre alle Doc Conero e Vernaccia di Serrapetrona.
La crisi dovuta all’emergenza sanitaria da coronavirus di quest’anno, ha frenato, in modo brusco, l’ascesa dei vini delle Marche. “Venivamo da un periodo d’oro – dice Mazzoni – e anche i primi tre mesi di quest’anno avevano fatto registrare numeri interessanti. Poi il blocco ci ha fatto cadere”. Ma Mazzoni guarda oltre e parla della nuova fase, la “fase 4”, quella della rinascita. “Lo faccio in maniera positiva – dice – Voglio vedere il bicchiere mezzo pieno dopo il lockdown. Questo perché vedo che le aziende sono ripartite. Badate bene, tutto quello che è stato perso, quando il mondo si è fermato, non lo recuperemo mai più, ma vedo positività attorno al mercato italiano e soprattutto locale”. Ecco, appunto, locale. “Con la pausa forzata imposta – dice Mazzoni – la gente ha rallentato dai ritmi frenetici a cui era abituata. Sono aumentati i consumi di cibo, ma soprattutto credo sia aumentata la consapevolezza a fare una spesa intelligente, con più attenzione alle cose da acquistare, alla scoperta del piccolo, delle cose artigianali, delle botteghe sotto casa. Del locale, insomma”. E Mazzoni prosegue: “Quest’estate ci sono stati due scenari. Uno, fatto dai giovani trentenni, che ha affollato spiagge e luoghi della movida. E i risultati si sono visti. Il secondo, quello fatto dalla gente più grande, che ha scelto la natura, la montagna, visitando aziende piccole, scoprendo prodotti della tradizione, acquistando questi prodotti. Da qui parte la rinascita. Da qui si è messo in moto di nuovo un sistema che si era fermato e che può avere grandi vantaggi”.
Insomma il futuro ci riserva ancora dubbi e perplessità, ma Mazzoni pare avere le idee chiare: “La vita che facevamo un anno fa non esisterà mai più – dice – Abbiamo dovuto cambiare abitudini, abbiamo scoperto che possiamo lavorare da casa, non ci sono più affanni od orari, cambiato stile di vita e consumi. Ecco dalla paura, adesso, c’è la riflessione. Tutto quindi, legato al cibo, è diventato spesa intelligente, acquisto di prodotti del territorio, della stagionalità, locale. E anche i vini stanno seguendo questo corso. Le cantine stanno vendendo e hanno venduto. Anche i ristoranti si sono adeguati a questa nuova fase, proponendo menù sempre più legati al territorio”. E le giacenze di vino? “Abbiamo una giacenza di vino poco superiore alla media, questo perché, e devo dare atto al governo regionale, siamo stati l’unica regione italiana a non fare chiacchiere, ma ad agire”. E Mazzoni spiega il successo degli interventi di sostegno: “Sono stati dati maggiori contributi per la distillazione di crisi, stiamo parlando di 4 euro a grado. E vi garantisco che non sono soldi da buttare via. Così mentre ancora il governo nazionale sta cercando di capire come agire, a ferragosto le aziende marchigiane hanno ricevuto i contributi economici di sostegno. Stiamo parlando di oltre 4,5 milioni di euro. Perché all’agricoltura non gliene frege niente del Covid. Lei va avanti lo stesso. E il titolare di azienda deve andare a lavorare ogni giorno, spendere soldi senza incassare. Ed ecco allora che la Regione ha individuato dei sostegni diretti, quindi incentivando la distillazione di crisi su prodotti che uno magari conservava da uno o due anni (non prodotti Dop), pagando lo stoccaggio a coloroo che hanno vino in invecchiamento e che ci deve stare otto mesi, un anno. Mi pare che a livello nazionale, invece, le misure di sostegno siano state un flop totale. La distillazione è un flop, così come il diradamento. Un segnale fortemente negativo. Da Roma solo voci. Qui invece c’è stata una coesione unica in Italia. Il presidente e l’assessore regionale hanno capito che dovevano fare atterrare davvero i soldi e non solo farli volare per aria”.
Poi un parere sulla distillazione: “Non può esistere pagata 1,75 euro – dice – Così come non possiamo pensare di continuare a produrre 500 quintali per ettaro. E quindi se c’è un surplus o vendi di più, o produci di meno, non c’è altro da fare. Credo che sulla questione rese si sia andati in tilt”. E il vino delle Marche, come lo vede in futuro? “Lo vedo nei primi posti del panorama nazionale – conclude Mazzoni – Siamo riusciti a rendere riconoscibili un territorio, la biodiversità e i vitigni autoctoni. Fanno ancora un po’ di fatica le aziende medio-piccole, che sono la maggioranza, ad imporsi sul mercato, ma i nostri meriti sono quelli di essere riusciti a dare identità al nostro vino. Se lo bevi te lo ricordi. E poi ricordiamoci che non stampiamo francobolli o facciamo bulloni, produciamo vino. E i tempi quindi, sono gioco-forza, più lunghi. Io, però, dico una cosa: se vieni nelle Marche, una bottiglia di vino non ti tradirà mai. Rispecchia il territorio, il vitigno e la sua biodiversità. E non tutti i territori italiani possono dirlo”.