di Emanuele Scarci
Il roadshow del Larcéra Vermentino di Mandrarossa è un’ottima opportunità per “fare il tagliando” alla Cantina Settesoli, dopo la “rivoluzione” guidata dal presidente Giuseppe Bursi, fresco di conferma al vertice della cooperativa di Menfi.
(leggi questo articolo>). Molti ricordano le roventi polemiche scatenate dall’ex presidente Vito Varvaro nel dicembre del 2017 dopo la sconfitta elettorale: parlò di congiura di palazzo, di rinuncia a voler costruire vini di qualità per comodità di qualche concorrente e anche di rinuncia a un brand cooperativo come ce ne sono al Nord. Poi disse anche, con un eccesso di acrimonia, che un top manager internazionale veniva sostituto da un burocrate regionale. Oggi Bursi (è stato un dirigente dell’assessorato siciliano all’agricoltura) non desidera entrare in nessuna polemica e preferisce che i risultati parlino per lui. Settesoli dispone di 6 mila ettari di vigneto gestiti da 2mila soci. Conta 3 marchi aziendali, ciascuno destinato a un target preciso: Settesoli, Mandrarossa e Inycon.
Presidente Bursi, qual è il consuntivo del suo lavoro dopo il primo mandato?
“Sono stato eletto nel dicembre 2017 nel consiglio di amministrazione in una elezione particolare, dove i soci hanno bocciato per gli scarsi risultati raggiunti la politica del precedente presidente del consiglio di amministrazione non eleggendolo e il suo management. Ho trovato per un verso una società dove lo spirito cooperativistico è molto forte, peculiarità che ha fatto di Cantine Settesoli una delle realtà vitivinicole del Mezzogiorno che realizza più del 67% dei ricavi in vini confezionati e la rimanente parte in vini sfusi. Per un altro verso si è dovuti intervenire quasi sull’intera struttura aziendale provvedendo a formare una nuova squadra commerciale, marketing e del controllo di gestione, dando come obiettivo la crescita della remunerazione delle uve dei soci”.
E sui marchi?
“Dal punto di vista strategico abbiamo fissato l’obiettivo di dare sempre riconoscibilità e valore ai marchi aziendali Settesoli, Mandrarossa e Inycon. Stiamo costruendo una familiarità con i brand, facilitando le dinamiche di vendita. Lo abbiamo fatto anche durante la pandemia”.
Come spiega che dal suo arrivo ricavi e produzione siano costantemente calati? Dai 54,8 milioni di fatturato con 24,8 milioni di bottiglie del 2018 si è passati, rispettivamente, a 45,7 milioni e 19 milioni del 2020/21…
“Dal mio arrivo abbiamo abbandonato il criterio della crescita del fatturato a tutti i costi per concentrarci sulla remunerazione dei soci. Si è passati da una concentrazione del fatturato in pochi clienti ad una distribuzione più capillare e in più nazioni. In passato la marginalità era risicatissima. Non abbiamo più inseguito tender a marchi privati venduti a prezzi molto bassi, siamo presenti e partecipiamo soltanto a quelli con prezzi che rispettano le nostre aspettative, concentrandoci sulla valorizzazione dei nostri brand. Scelta che ha visto ridurre drasticamente il fatturato delle vendite di private label con prezzi che riuscivano a coprire a malapena i costi, valore desumibile anche nei numeri della sua domanda. Nei fatti, in Settesoli si è passati da un prezzo medio del 2018 di 2,20 euro/bottiglia ai 2,40 del 2020/21. Poco più del 10%. Nell’esercizio 2021/22 andrà ancora meglio. E il fatturato risalirà a 50 milioni”.
Rimanete comunque molto concentrati sulla grande distribuzione. Lì è difficile fare valore, sebbene abbia agito da paracadute durante la pandemia.
“Non sia drastico. Nella grande distribuzione fatturiamo 18 milioni con i brand Settesoli e Inycon mentre con il top brand Mandrarossa siamo a 5 milioni nel mondo, fatto in buona parte nel canale Horeca, ma il potenziale di crescita è enorme. E intendiamo spingere sull’acceleratore al massimo”.
Veniamo a oggi: nella Sicilia che non ti aspetti c’è anche un Vermentino che non ci aspettavamo.
“Infatti i consumatori pensano a un Vermentino ligure, toscano o sardo. In realtà su questo vino Mandrarossa ci lavora dal 2010: intendiamo valorizzare le espressioni più straordinarie e inaspettate della nostra isola. Tanto che oggi dedichiamo al Vermentino 290 ettari e puntiamo per la nuova etichetta Larcéra Vermentino Terre Siciliane Igt Bio a 30 mila bottiglie”.
Il consumatore non si aspettava che il clima torrido siciliano potesse favorire il suo sviluppo.
“Invece ottenemmo risultati positivi già con le prime sperimentazioni. Tanto che nel 2014 il nostro team agronomico ha identificato 5 ettari dove questa varietà, tipicamente mediterranea, riesce ad esprimersi con vini straordinari. Questi vigneti, a conduzione biologica, si trovano tra i comuni di Menfi, Santa Margherita di Belice e Contessa Entellina, territorio che ospita la contrada che dà il nome all’etichetta”.