di Giorgio Vaiana
“Fare il pasticciere è il lavoro più bello del mondo. Abbiamo il dovere di trasmettere questa passione alle nuove generazioni”.
A parlare è Giuseppe Amato, classe ’81, nato a Taormina in provincia di Messina e pastry chef del ristorante tristellato Michelin La Pergola all’hotel Rome Cavalieri di Heinz Beck a Roma. E fresco direttore della Mag, la Master Academy Antonino Galvagno, fondata nel 2018 in via sperimentale e entrata a pieno regime nel 2019, intitolata all’imprenditore palermitano che ha contribuito alla diffusione della tradizione gelatiera e pasticcera siciliana nel mondo, con prodotti innovativi e di alta qualità. Si tratta di un’accademia nata con l’intento di formare professionisti in gelateria, pasticceria e cucina, trasmettendo loro esperienze e tradizioni attraverso un percorso di alta specializzazione. Oggi la presentazione, non solo del nuovo direttore, ma anche dei corsi nella sede dell’accademia in via Partanna Mondello 25 a Palermo, in un immobile in parte realizzato in un bene confiscato alla criminalità organizzata e affidato a Mag dal Comune.
Amato, partiamo dal suo nuovo ruolo. Contento?
“Faccio il docente ormai da 15 anni. Ringrazio la Mag per l’importante ruolo che mi ha affidato. Mi piace che posso farlo nella mia Sicilia”
La sua Sicilia… Che ha lasciato molto presto…
“Già, a 17 anni. Ho fatto un po’ di viaggi oltre lo Stretto, tornando e facendo qualche lavoretto stagionale. Ma presto ho capito che per riuscire dovevo per forza andare via. Lo dico con grande amarezza. Taormina per me è tutto. Ha tanti punti di forza, ha grandi alberghi e ristoranti, tradizione, e sta anche subentrando innovazione”.
Ma…
“Taormina come la Sicilia non sono così aperte per permettermi un rientro, insomma per poter lavorare qui 365 giorni l’anno. Non voglio essere frainteso. Sarebbe il sogno della mia vita…”
Eppure ha scelto di accettare un incarico a Palermo… Suona un po’ incoerente con quello che ha appena detto…
“Certo. Mi piacerebbe essere il protagonista di una rinascita della nostra terra. E la Sicilia e Palermo mi hanno dato una possibilità non indifferente che ho colto subito. Hanno impiegato pochi minuti a convincermi. Farò la spola con Roma. Il viaggio non sarà mai un problema. La distanza è solo mentale”.
Lei fa il docente da 15 anni. Adesso avrà un incarico da direttore che è molto diverso…
“Mi relaziono spesso con i giovani e mi rendo conto di quanto sia cambiato il modo di vedere e di insegnare la pasticceria. Un bravo pasticciere non è detto che sia un bravo insegnante, che riesca a trasmettere quella necessaria manualità che serve nel nostro lavoro. Fare un bignè è semplicissimo. Ma un giovane che si avvicina al nostro mondo può avere delle grandi difficoltà a tenere una sac a poche. Qui c’è quello che vorrei insegnare a molti miei colleghi”.
Colleghi? In che senso?
“Dobbiamo avere pazienza con i giovani, comprendere che sono agli inizia aspettarli, indirizzarli. Per fare questo mestiere bene ci vogliono anni e anni. E non tutti hanno voglia di aspettare i giovani”.
Eppure c’è proprio carenza di pasticceri…
“Dice bene. C’è una forte richiesta di personale. Ma non ci sono i giovani che vogliono fare questo lavoro. Io ho come obiettivo, come direttore della Mag, di far comprendere quanto sia bello fare questo mestiere. Dobbiamo trasmettere non solo la pofessionalità e le tecniche, ma anche un aspetto di comunità e di passione che non ci sono più”.
A proposito, come sta la pasticceria italiana?
“Viaggia a gonfie vele. Ci invidiano anche molto. La pasticceria del nostro paese si evidenzia sempre. Abbiamo tutto: prodotti e professionisti. La lotta con la pasticceria francese? C’è grande rispetto da entrambe le parti”
E come stanno cambiando i professionisti?
“Si stanno adeguando ai tempi moderni, con le decorazioni, i colori. Siamo noi a volerli e volerci cambiare. Lo facciamo viaggiando, confrontandoci. E il confronto è sempre importante. C’è bisogno di novità”.
Ma stiamo abbandonando la tradizione?
“Mai. Bisogna innovare senza tralasciare la tradizione. Una pasticceria di oggi deve sì proporre i dolci moderni, ma la tradizione non va mai messa parte. Si può leggermente modificare, ma un bigné deve sempre rimanere un bigné. Puoi lavorare sull’impasto, magari sulla ricetta della crema più fine e delicata. Ma il sapore per il cliente deve essere sempre lo stesso, quello conosciuto”.
Quali sono i suoi ingredienti del cuore?
“Sono siciliano anche negli ingredienti: e quindi dico cioccolato fondente, agrumi che non mancano mai nelle mie preparazioni e frutta secca”.
E com’è lavorare in un ristorante tristellato?
“Siamo un nome importante, la gente è abituata alla precisione. E nello stesso tempo il rigore che metti nel tuo lavoro ti stimola e ti impone a offire al cliente il meglio”.
E lei da buon siciliano, non ha mai celato le sue origini nei dolci…
“Mai. Sono stato fortunato perché Beck mi ha sempre lasciato fare quello che volevo e usare la giusta materia prima. In carta avevo il cannolo 2.0, un cannolo siciliano stravolto nella forma, ma che porta il cliente, che lo mangia a occhi chiusi, proprio nella mia terra natìa”.
E sta preparando qualcosa di nuovo?
“Sì, stiamo facendo tante cose nuove. Tra queste vi anticipo un dolce. Sto giocando con il pistacchio, i gelsi, la mandorla, la ricotta di pecora, il latte di asina e i profumi di gelsomino”.
Mi descriva Heinz Beck…
“Un grandissimo professionista, un uomo che ti fa crescere tanto, se hai voglia di farlo. E se hai voglia di crescere professionalmente. Devi dimostrargli che hai voglia di fare questo mestiere. Io lavoro con Heinz da 18 anni. E ormai ci capiamo con un singolo sguardo”.
E qual è il suo dolce preferito?
“E un dolce che ho creato per i miei figli. Mia figlia adorava la ciambella, mio figlio la bomba con la Nutella. Da qui nasce “la bomba diventa ciambella”. Un gioco fatto in casa che è diventato un dolce fra i più apprezzati de La Pergola”.