di Francesca Landolina
Cosa si sa della Calabria del vino? Quasi certamente, troppo poco.
Eppure, inizia a nascere una curiosità sempre crescente. Sembra che la regione, dal passato glorioso che le è valso il titolo di Enotria (“terra del vino”, per gli antichi greci), stia percorrendo un nuovo percorso e iniziando a scrivere le pagine di una nuova storia. Quale? Sarebbe molto facile citare, per esempio, Cirò e il movimento dei suoi vignaioli che ha scosso una Calabria un po’ silente, ma è proprio da basso che bisogna partire per comprendere un fenomeno, ancora giovane e su cui si stanno accendendoi riflettori della stampa e del mercato di nicchia. Ricordiamo un recente convegno lo scorso dicembre, a Catanzaro, in cui non a caso qualche giornalista di spessore ha parlato di “pigrizia” da parte della stampa. Una sorta di mea culpa per aver lasciato troppo a lungo in ombra una terra dalla forte vocazione vitivinicola e dal grande potenziale. Oggi c’è già chi il futuro del vino italiano lo cerca proprio al Sud, per la tanta ricchezza ancora celata, c’è chi si addentra in un patrimonio vitivinicolo così ampio che è ancora in gran parte sconosciuto e tutto da studiare, chi scopre espressioni di vitigni, con nuovi metodi di vinificare, che mai avrebbe immaginato di trovare, e perfino chi dice: “Il futuro dei vini calabresi è anche sui bianchi”. Ad affermarlo è Gennaro Convertini, calabrese doc, oggi Presidente dell’Enoteca Regionale Calabrese, esperto di viticoltura, promotore della cultura vitivinicola della regione Calabria, divulgatore agricolo dell’Arsac e sommelier. Lo intervistiamo per comprendere insieme a lui quanto stia accadendo in Calabria.
Come va oggi la Calabria del vino?
“La mia percezione è che viva un momento positivo, di fermento, con la nascita di nuove aziende che trovano riscontro sul mercato, suscitano curiosità. La Calabria è una regione molto diversificata e non è riuscita ad imporsi con un singolo vitigno, ma questa caratteristica oggi è anche un punto di forza. Inizia a farsi avanti l’idea che sia un piccolo scrigno. Non ci facciamo prendere da facili entusiasmi. Siamo in una fase iniziale, creiamo curiosità come regione intera, tutta, oltre la notorietà delle singole aziende che si sono affermate storicamente. Interessante è proprio il movimento delle piccole e nuove imprese che creano risultati. Fanno parlare di Calabria al di fuori dei confini. E per la prima volta ci cercano per la nicchia. Insomma, è un percorso di affermazione dal basso, dal piccolo si espande al territorio, verso una curiosità crescente e più estesa. Oggi in Calabria operano circa 160 cantine e un centinaio di queste producono circa 50 mila bottiglie, sono aziende condotte da giovani che, in molti casi, hanno recuperato vigneti di famiglia. Un fenomeno giovanissimo che ha appena quindici anni”.
E in termini di valore?
“Anche in termini di valore c’è una crescita. Il mercato di queste aziende è fatto di persone che hanno avuto esperienze dirette con i produttori, e sono disposte a pagare un prezzo più alto. D’altra parte, le aziende piccole sono anche costrette ad aumentare il prezzo, date le produzioni minime. La qualità è migliorata. Nei vini artigianali oggi non si tollerano i difetti, servono competenze serie, conoscenza dei processi produttivi. All’artigianalità corrisponde la qualità organolettica e il consumatore, che la riscontra, è disposto a pagare. I vini artigianali sono anche quelli più ricercati dall’alta ristorazione, da sommelier che possono scegliere con consapevolezza e osare, assumendosi la responsabilità della propria scelta e del consiglio da offrire al consumatore”
Tracciamo un po’ il quadro calabrese. Quali sono i vitigni più rappresentativi?
Fra i vitigni rossi, certamente il Gaglioppo, vitigno principe dei vini rossi e rosati della Doc Cirò e del Melissa, nell’area Jonica crotonese. Il Magliocco Dolce, tipico dei territori della Dop Terre di Cosenza, ampia area di produzione del nord Calabria, che si estende dal Monte Pollino, fino alla Sila e, da est a ovest dal mare Jonio fino al Tirreno. A Lamezia e nella “Costa degli Dei”, nei dintorni di Tropea, è diffuso il tardivo Magliocco Canino. Nerello Mascalese (detto anche Nerello calabrese) e Calabrese (Nero D’Avola), sono i vitigni coltivati nelle aree viticole intorno al Parco Nazionale d’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria. Poi il Greco nero e altri vitigni minori, che svolgono da sempre il ruolo di “gregari” negli uvaggi. Il Greco Nero, così come il Greco Bianco, è oggetto di studi perché anticamente si dicevano “Greco” tanti vini in arrivo dalla Grecia ma ci sono così tante differenze che non si può generalizzare. Le stiamo studiando”.
E i bianchi?
“La novità in Calabria sta proprio sui bianchi e sui vitigni a bacca bianca. Una scoperta anche perché oggi si guarda più ai territori alle pendici dei monti. Dal Pollino del nord fino alla Sila passando per l’Aspromonte arriviamo ai 2.000 metri di altezza e lungo le pendici nelle altitudini tra i 200 agli 800 metri troviamo vigne. Si coltiva il Greco bianco, con le dovute declinazioni, da quella più aromatica della costa Jonica reggina (che ha una genetica e una storia comune a tutte le famose malvasie aromatiche del Mediterraneo), alle tante versioni diffuse nel resto della regione. Negli ultimi anni si sta affacciando sulla scena lo Zibibbo della Costa degli Dei. Riscoperto soprattutto da quando è stato riammesso, finalmente, nel registro regionale delle uve atte a duplice attitudine. Tra i bianchi c’è il Pecorello. E poi il Mantonico, destinato penso a diventare il bianco di punta della produzione calabrese. Credo che abbia grandi prospettive per la sua storia antichissima: è considerato uno dei capostipiti della viticoltura del Mediterraneo e ha grandi prospettive evolutive. Attualmente si sta sperimentando. In chiusura, c’è una piccola produzione di Guarnaccia Bianca nel Pollino, base del famoso vino passito di Saracena e diffusamente coltivato nell’area del Pollino”.
Quindi il futuro, secondo lei, è sui bianchi?
“Sì. Il futuro della Calabria paradossalmente è bianco. Grazie alla biodiversità che esce fuori e al territorio diversificato. Siamo una Montagna in mezzo al mare. La distanza tra bianchi e rossi in termini produttivi si va assottigliando. Oggi la produzione di bianchi è al 40 per cento circa. E il Mantonico ci regalerà belle sorprese”.
Mercato estero o regionale?
“Le aziende vendono per il 70 per cento in Calabria. Le piccole aziende sono più orientate alla vendita regionale, anche grazie al turismo. Il web fa miracoli, ma la gestione del mercato estero è faticosa. Al momento è preferibile attrarre in Calabria il consumatore-enoturista”.
Lei è Presidente dell’Enoteca Regionale. Quali compiti assolve e quali i progetti in itinere?
“Sono presidente dal 2017, l’enoteca è stata istituita nel 2011 con canoni classici, come luogo per esporre e degustare i vini del territorio. Ma nel 2016, avevo già lavorato in Regione per modificare la legge istitutiva, considerando un po’ la necessità di rinnovare le enoteche e il loro ruolo. Si doveva guardare all’enoteca come ad uno strumento di sviluppo del turismo enogastronomico, che proponesse un’offerta concreta e svolgesse una funzione formativa. Oggi è ciò che facciamo. Formiamo le aziende, le mettiamo in rete per costruire prodotti e per creare sinergie per il futuro. Alle aziende mancava un’espressione di offerta appetibile, completa ed esperienziale da fornire agli enoturisti, al di là del semplice invito a prenotare una degustazione tramite il sito web. C’è un sito online stradedelgustocalabria.it che usiamo per presentare i prodotti. Al momento siamo in questa fase, ma immaginiamo che con il nostro lavoro possano nascere, dal basso, strumenti di governance tra le imprese. Si compete per sistemi e non per singole aziende”.
Quali sono i progetti futuri dell’Enoteca Regionale?
“Vorrei che i progetti pilota su cui stiamo lavorando per la crescita dell’enoturismo possano dimostrare l’efficacia della strada da percorrere. L’obiettivo è portare il turista in Calabria. Questa è la strategia di mercato più vincente per le produzioni calabresi, che restano di nicchia. In più da aprile in poi, l’enoteca sarà aperta nei fine settimana per proporre degustazioni tematiche dei vini calabresi”.