(Francesca Terragni)
“Dunque, vediamo… Direi che Krug è condivisione, Belvedere è vibrazione e, per mantenere la rima, Dom Pérignon è creazione”.
Sta al nostro gioco Francesca Terragni, fresca fresca di nomina a nuova dirigente marketing e comunicazione di Moët Hennessy. E risponde con prontezza alla nostra richiesta di assegnare un termine per Krug, Belvedere e Dom Pèrignon
Francesca, milanese puro sangue, classe 1968, una laurea in Economia Aziendale all'Università Bocconi e un Master in Business Administration, è la nuova mente geniale che deve promuovere i prodotti di punta del gruppo Lvmh. Non solo champagne (con Dom Pérignon, Krug, Veuve Clicquot, Moët&Chandon e Ruinart), ma anche gli Spirits, cognac Hennessy, vodka Belvedere, whisky Arbeg e Glenmorangie e i vini della divisione Estates&Wines del Gruppo, Cheval des Andes, Terrazas de los Andes, Numanthia, Cloudy Bay e Cape Mentelle. “Beh, diciamo che sono un po’ sulla graticola – scherza Francesca – altro che plancia di comando”.
Un passato “profumato”, con il lancio delle fragranze J'Adore e Hypnotic Poison di Christian Dior Parfums, che ha creato una vera e propria case hystory di successo. Dal 2003 il passaggio in Moët Hennessy Italia.
Come sta lo champagne in questo momento?
“Se parliamo di comparto in generale, negli ultimi due, tre anni abbiamo registrato una ripresa dei consumi. Poi il nostro gruppo racchiude tutte le maison di prestigio ed abbiamo un notevole peso specifico sul totale generale. Ecco, direi che ci sentiamo maggiormente responsabilizzati alla promozione ed al consumo dello champagne. Non parlo solo di brand, ma intendo proprio tutta la categoria in generale”.
Ecco, magari avvicinando i giovani a questo mondo…
“I giovani sono i cosiddetti consumatori infedeli, ossia sono quelli che si affezionano di più ad una particolare marca, o sono attratti dalla novità. Nel comparto degli Spirits loro sono il top, nello champagne stiamo trovando nuovi spunti”.
In che senso?
“Ci sono due nuovi prodotti che abbiamo creato e studiato appositamente per i giovani. Il primo è il Moët & Chandon Ice Imperial, che si serve in coppe grandi e con ghiaccio. L’altro è il Veuve Clicquot Rich 2015, adatto per la mixologia. Abbiamo fatto delle lezioni speciali ai bartender e sembra che i numeri ci stiano dando ragione”.
Forse il problema sta nella comunicazione di questi prodotti, nell’immaginario collettivo ritenuti forse troppo di nicchia…
“Diciamo che adesso anche alcuni brand di champagne stanno utilizzando i nuovi media digitali per le loro campagne promozionali. Noi, con alcuni di loro, ci concentreremo su Twitter ed Instagram,soprattutto che sta esplodendo in Italia”.
Ma maison come Krug e Dom Pèrignon non si comunicano da soli?
“C’è sempre l’illusione che possa bastare il target di riferimento, ma non sempre è così secondo me. C’è una sorta di involuzione. Bisogna essere sempre aperti, animati da creatività e scegliere una comunicazione adatta ed adeguata al tipo di prodotto. Fondamentale è che l’acquirente non consideri prodotti simili come riservati a pochi eletti. Non penso a campagne sui social media, ma delle campagne digitali specifiche. Con Krug le faremo. Dom Pérignon è già attivo con proprie modalità”.
Mentre per Belvedere è tutto più facile…
“È posizionato molto bene soprattutto nel mondo della notte. Questo anche grazie a partnership con il mondo della musica. A breve, adesso, sarà presentata una bottiglia speciale ed in edizione limitata dedicata all’ultimo film di 007. Si chiamerà “007 Spectre” e sarà una chicca per i collezionisti”.
Ma Milano è tornata di nuovo una città da bere?
“Sono davvero poco obiettiva nell’analizzare la mia città, dove ho sempre vissuto se non per un breve periodo fuori per motivi di studio. Credo che dal 2009 ad oggi Milano sia diventata una città veramente interessante, anche nella sua quotidianità. Mi piacciono i nuovi quartieri, tutte le iniziative che vengono realizzate ed è bello vedere trasformate zone che prima era sconsigliato frequentare, in luoghi cool, penso alla zona delle Varesine. Insomma rappresentano bene la trasformazione del capoluogo lombardo”.
Giorgio Vaiana