Intervista con il direttore del Consorzio Chianti Classico: “La qualità in crescita e le scelte azzeccate degli ultimi anni hanno dato i loro frutti”
(Giuseppe Liberatore)
di Giorgio Vaiana
La Toscana supera il Piemonte nel valore delle esportazioni. Un dato importante, storico. E non di poco tra l’altro. Visto che, come fatto sapere da Business Strategies (leggi qui), la Toscana ha raggiunto quota 427,1 milioni di euro, contro i 404,6 milioni di euro del Piemonte. E grande merito di questo dato lo si deve al Chianto Classico che raggiunge in valore quasi quota 300 milioni.
“In questo dato positivo ci abbiamo messo sicuramente del nostro – commenta Giuseppe Liberatore, direttore del consorzio Chianti Classico – E questo si deve a delle scelte che oggi si sono rivelate azzeccate e fondamentali”. Liberatore si riferisce non solo alla Riserva, per cui sono state cambiate le modalità, ma anche alla Gran Selezione “che sta facendo da traino”, dice il direttore.
L’80 per cento della produzione del Chianti Classico varca i confini italiani. Si parla di circa 30 milioni di bottiglie, visto che lo scorso anno la produzione totale si è attestata intorno a 38 milioni di bottiglie. Dell’intera produzione, il 4 per cento è Gran Selezione, il 30 per cento è Riserva, il rimanente 66 per cento è annata. Ma Riserva e Gran Selezione, insieme, come valore, fanno circa il 55/60 per cento del fatturato totale. “In media – dice Liberatore – una bottiglia di Chianti Classico costa 7/8 euro”.
Sono lontani i tempi del 2008, l’annus horribilis del Chianti Classico. “Non solo abbiamo recuperato tutte le perdite che abbiamo avuto in quell’anno, ma c’è stata una crescita esponenziale che ha superato abbondantemente il 25 per cento”, spiega Liberatore. Una performance straordinaria in Italia, che tra perdite recuperate e nuove quote di mercato, ha visto il Chianti Classico realizzare un guadagno di vendite di oltre il 55 per cento. “La Gran Selezione è stata la scelta migliore che potessimo fare – dice Liberatore – Anche perché sono stati etichettati come Gran Selezione vini che avevamo in cantina e che avevano le caratteristiche per diventarlo, come qualche 2009 e molti 2010”.
La Riserva ha aiutato anche l’exploit del Chianti Classico: “Prima era solo invecchiamento – spiega Liberatore – Ora, invece, il regolamento è molto rigido e il produttore deve dichiarare se con quel vino intende fare Riserva. E’ un modo per controllare anche la vendita di sfuso. Tra l’altro siamo l’unico consorzio in Italia che commercia vino sfuso solo se certificato”.
Un successo, quello della Toscana e del Chianti che deve essere ricercato anche nel grande intervento di reimpianto fatto tra gli anni ’90 e 2000. “Abbiamo scelto con cura le specie da mettere a dimora – dice Liberatore – E non è stato un intervento minimale, ma ha coinvolto 4.300 ettari di vigneti, il 70 per cento di quelli che ci sono nel territorio”.
Per i reimpianti dei vigneti sono stati spesi 350 milioni di euro, “le aziende però hanno investito perché hanno intuito il potenziale dell’operazione che stavamo facendo e di come questa ci avrebbe fatto fare il salto di qualità. Adesso abbiamo Sangiovesi spettacolari che non hanno quelle criticità che avevano 20 anni fa. E tutto si ripercuote nella qualità”.