E in Italia cambia il brand manager: Cristiano Talassi al posto di Marco Ravasi
Niccolò Ragazzoni (nella foto) è un manager di talento.
È un piemontese che è riuscito a conquistarsi la fiducia dei francesi di Dom Pérignon per i quali è il responsabile del marketing. A livello planetario s'intende. Ed è per questo che con lui parliamo di champagne e di come stanno alcune delle bollicine più famose al mondo. Una intervista che viene pubblicata proprio nel giorno in cui Cristiano Talassi, attuale brand director di Moët&Chandon e Belvedere diventa anche il brand director Italia per Dom Pérignon, Hennessy, Glenmorangie e Ardbeg. Talassi sarà operativo nel suo ruolo a partire dal primo novembre prossimo e prende il posto di Marco Ravasi. Ma ecco l'intervista a Ragazzoni.
“Per il nostro gruppo, in Europa continua la fase di stabilità, mentre crescono lievemente i volumi di vendita a livello globale, particolarmente in Nord America. L’Asia, con il Giappone in testa, continua ad essere il primo mercato”.
Chi compra e beve Dom Pérignon? Avete un profilo del vostro cliente?
“Conduciamo periodicamente indagini mirate a verificare il profilo sociodemografico del nostro cliente, sia a livello globale che dei singoli paesi; i grandi clienti di Dom Pérignon possiedono un profilo piuttosto omogeneo: hanno una fascia di età tra i 35 e 60 anni , uomini e donne di cultura superiore, imprenditori, manager, grandi viaggiatori, amanti dell’arte, del bello in senso lato, di grande gusto, spesso collezionisti di annate rare, profondi conoscitori del vino e amanti della cucina. Dom Pérignon è anche un prodotto di culto, che viene acquistato da un pubblico più ampio per celebrare momenti speciali o per omaggi importanti”.
Qualche numero su Dom Pérignon: bottiglie, territori e cru da cui provengono le etichette più prestigiose…costo medio delle bottiglie prodotte franco cantina? Quota di export?
“Non possiamo, essendo quotati, fornire numeri. Posso solo dire che Dom é l’unico champagne millesimato, prodotto da uve pinot noir e chardonnay provenienti solo dai Grand Cru della Champagne”.
Cosa significa per un italiano essere a capo dell'ufficio marketing di un'azienda francese?
“Significa doversi ogni giorno misurarsi con sfide che vanno al di là della propria provenienza, che ti portano a dover valutare orizzonti amplissimi, sia geografici, sia di pensiero, conservando nel contempo quel tocco di italianità che tende a cerare armonia e continua tensione al “bello”. Qui ci sono persone di varie nazionalità, che portano alla Maison preziose contaminazioni creative, facilitando i processi di innovazione e progresso. Da noi i francesi si fidano del mondo, e la maison è guidata da Stephane Baschiera, di origini Italiane”.
Il visionario Richard Geoffroy, chef de Cave della Dom Pérignon incontra gli altri dirigenti della maison e pianifica con loro? Oppure è un one man band?
“Dom Pérignon è il risultato di un lavoro di team, di un’orchestra di musicisti eccellenti che hanno la fortuna di essere guidati dal miglior direttore. Definire Richard Geoffroy chef de cave è quasi riduttivo: Richard è un visionario, un filosofo, un cantastorie che riesce a coinvolgere, a motivare. Il suo tratto saliente è indubbiamente la visione”.
Un primo bilancio di Plénitude 2, la vostra nuova etichetta, è possibile?
“Plénitude 2 è stata accolta da trade e opinion leader con estremo favore, ma è un po’ presto per fare bilanci, soprattutto a livello di sell-out. Riguardo al sell-in, possiamo dirci soddisfatti: siamo completamente in linea con le previsioni”.
Nel mondo si beve sempre più prosecco. Come giudicate questo trend che ha numeri in forte crescita?
“Sarà per caso una voglia di leggerezza e di allegria in una fascia di mercato facile e abbordabile? Battute a parte, credo che sia stato fatto un ottimo lavoro di promozione del brand. Ora però occorre salvaguardarne identità e qualità”.
F.C.