(Gualtiero Marchesi e Davide Paolini)
di Giorgio Vaiana
Provocatore, maestro, cuoco e non chef, un genio. Davide Paolini, il celebre Gastronauta, racconta Gualtiero Marchesi, il papà della cucina italiana scomparso ieri (leggi qui e qui).
Paolini conobbe Marchesi nel 1984: “L'ho conosciuto praticamente poco dopo aver iniziato a scrivere per Il Sole 24 Ore – racconta il gastronauta – Quella fu la mia prima intervista e l'ho riletta proprio pochi giorni fa: dice delle cose molto importanti che a distanza di oltre 30 anni sono sempre attuali”. Da lì comincia un bel rapporto di amicizia. Davide va spesso a mangiare nel ristorante milanese di Marchesi, tanto che lo stellato Davide Oldani fa notare di come sia, quella di Paolini, ormai una presenza fissa nelle cucine di Marchesi. Per Davide, Marchesi “era una persona molto sensibile, una di quelle che pensava in proprio e non aveva mezzi termini”. Un carattere particolare che spesso lo rendeva antipatico a molti, “ma lui – prosegue Davide – elaborava il suo pensiero e lo portava avanti contro tutto e contro tutti, soprattutto quando ci credeva fino in fondo. Lui era un gran provocatore, ma a ragion veduta, perché sapeva bene cosa e come poteva dire le cose”.
Nell'ultimo periodo il loro rapporto si era allentato: “Non stava benissimo – rivela Paolini – L'ultima volta che sono stato nel suo ristorante mi ha fatto rifare dal suo cuoco tre volte il risotto al salto, perché ogni volta trovava un difetto. Lì ho capito che ce l'aveva con il mondo, ma forse aveva intuito che la morte si avvicinava ed era arrabbiato. Era cattivo con tutti, eccetto alcuni eletti. Un aspetto di lui che mi ha fatto molto male”. Che qualcosa era cambiato in Marchesi, Paolini lo intuì dalle conversazioni con il maestro: “Con lui di solito si parlava di tutto, ma argomento principale erano i suoi piatti – racconta – Un aspetto, questo, che nell'ultimo periodo mancava. Mi parlava solo del progetto dela casa di riposo per i cuochi anziani e della sua fondazione, le due cose che ormai gli stavano più a cuore”. “Noi italiani siamo così ingenui da affidare i successi dei nostri ristoranti a una guida francese”. Così diceva Marchesi riferendosi alla MIchelin, che aveva stroncato il suo ristorante all'inizio degli anni '90: “Non credeva nei giudizi delle guide in generale – racconta Paolini – figurarsi di quelli della Michelin che gli aveva tolto una stella. Lui stava cambiando la cucina italiana e non venne compreso. Per questo rinunciò alle stelle. Stava andando, in cucina, su cose molto personali. La Michelin non glielo perdonò mai. Ma lui in generale non vedeva di buon occhio le guide”.
Per tutti era il Maestro, “e non poteva essere altrimenti – racconta Davide – Nelle sue cucine sono passati cuochi del calibro di Carlo Cracco, Enrico Crippa, Davide Oldani, Ernst Knam, tutta gente che è diventata importante nel mondo della ristorazione italiana”. Ma aveva un suo prediletto: “Me lo confidò – dice Paolini – Era Paolo Lopriore mai premiato. Per Marchesi era lui il vero talento della cucina italiana. E quando Paolo aveva aperto il suo ristorante, Marchesi era spessissimo da lui, ed era una cosa unica visto che non mangiava mai nei locali dei suoi allievi. Fece anche una polemica con il premio Bocuse d'Or che, secondo lui, non venne assegnato a Paolo perché era in atto una combine dei giudici francesi. A distanza di anni mi aveva parlato tante volte di quel piatto preparato da Paolo”. Ha fatto la storia della cucina italiana, è impossibile non riconoscerlo: piatti come il raviolo aperto, oppure il riso con la foglia d'oro, sono entrati di diritto fra le leggende e gli intramontabili: “E faceva discutere anche con i piatti più semplici – dice Paolini – come quando iniziò a preparare la cotoletta alla milanese in maniera normale, ma che serviva tagliata a pezzi e ripassata in padella. Le mie figlie, stiamo parlando di tanti anni fa, quando si videro arrivare il piatto così, non vollero andare da Marchesi per tanto tempo. Ma lui era sempre un passo avanti agli altri”. Anche quando realizzò il primo piatto freddo a base di pasta: “I grandi chef dell'epoca si rifiutavano di preparare la pasta – dice Davide – Lui andò controcorrennte e presentò uno spaghetto freddo servito con caviale ed erba cipollina. Fece diventare, così, un must, anche i piatti di pasta freddi”.
Marciava sempre uno, forse due passi avanti agli altri. Esplorava, sperimentava, osava: “In Spagna per esempio – racconta Davide – si inventò la minextra, un minestrone servito non in brodo, ma asciutto. Per non parlare dei piatti ispirati ai quadri dei grandi pittori. Il rosso e nero ispirato a un quadro di Lucio Fontana o il dripping di pesce ispirato ad un'opera di Jackson Pollock sono dei veri capolavori”. Personaggio discusso e discutibile come quando disse che non si doveva bere vino durante un pranzo o una cena per non coprire i sapori e la qualità di un piatto. Tanto che per un lungo periodo non bevve più una singola goccia di vino. Nel suo ristorante proponeva un menu in cui veniva servita solo acqua: “Io non l'ho mai provato da lui – dice Paolini – Lo feci a Bologna, nel ristorante di un suo allievo, ma a metà pranzo ho chiesto un bicchiere di vino. Ero andato in crisi di astinenza. Ma capì che quella di Marchesi era una provocazione. Lui viveva di queste cose”. Con Marchesi se ne va un pezzo della cucina italiana: “Ed oggi in Italia, almeno per il momento, non esiste un nuovo Gualtiero Marchesi – dice Paolini – Anzi è una cosa che vedo molto lontana. I cuochi che sono sulla cresta dell'onda hanno ben poco da dire. Anche se spero di essere smentito”.