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L'intervista

D’Alema, dalla politica al vino: “Lo fanno in tanti. I più bravi? Brunetta e la Moratti”

20 Novembre 2019
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(Massimo D'Alema e la moglie Linda)

di Marco Sciarrini

Dalla politica al vino. Due passioni della vita di Massimo D'Alema, che è stato anche presidente del consiglio italiano ta il 1998 e il 2000. 

Insieme alla moglie Linda e per conto dei figli Giulia e Francesco, che sono i veri proprietari, hanno creato la cantina “La Madeleine”, 15 ettari di terreno, di cui circa 6,5 impegnati a vigneto, tra Narni e Otricoli, in provincia di Terni. La famiglia D'Alema ha fatto un'importante opera di ristrutturazione, tanto che oggi della vecchia azienda rimane solo il nome, attribuito dai precedenti proprietari. Un nome carico di intense evocazioni letterarie che ha avuto un peso non secondario nella decisione di Linda e Massimo di intraprendere questa nuova avventura insieme, in una età matura ma con lo sguardo al futuro dei figli. 

Come si è avvicinato al mondo del vino?
“Ho sempre considerato il vino e il cibo una parte importante della cultura della civiltà e ho sempre avuto curiosità per questi aspetti. Quando sono stato direttore de L’Unità sono stato tra quelli che parteciparono alla creazione della fondazione di Slow Food. All’epoca proponemmo il primo inserto settimanale per i consumatori che si chiamava il salvagente con cui collaborava Carlo Petrini, parliamo del secolo scorso. Poi, come Presidente del Consiglio, fui tra i promotori del Salone del Gusto, quindi la cosa nasce come una passione, un interesse da consumatore. Il sogno mio e di mia moglie era quello di avere una casa in campagna, per cui trovammo questa occasione di un’azienda dove si allevava bestiame francese, che si chiamava La Madeleine. L'abbiamo presa ad un prezzo ragionevole e l’abbiamo riconvertita a cantina, anche grazie all'amicizia con Riccardo Cotarella che ci ha spinto a provarci. Abbiamo iniziato quasi per gioco. Ora invece è diventato un lavoro piuttosto impegnativo”.

Parlava del Salone del Gusto e anche di altre iniziative che sono nate per risaltare le qualità dei prodotti e la loro sostenibilità. Questa filosofia l’ha trasferita anche alla sua cantina?
“La nostra è un'azienda che è stata riorganizzata con un grande impegno. Da un punto di vista ambientale era un vero disastro. Nonostante il prezzo abbordabile con il quale si era acquistata la proprietà abbiamo speso molto per il suo risanamento. Al riguardo proprio a testimonianza dell’importante lavoro fatto abbiamo anche vinto il premio di Eco Friendly 2018: produciamo più energia di quella che consumiamo con il nostro impianto solare. Abbiamo anche il recupero delle acque, ambienti coibentati. In campagna abbiamo coltivazioni biologiche per quanto riguarda la frutta e l’olio che ancora non sono certificate. Per quel che riguarda l’allevamento della vite ci impegniamo alla massima riduzione dell’impiego della chimica. Facciamo parte di un gruppo di aziende che si chiama “Wine Research Team” un’associazione di aziende, anche molto importanti, che sono impegnate nell’innovazione con un progetto di sviluppo di vitigni auto immuni e resistenti. Abbiamo sperimentato un vino a basso contenuto di solfiti attraverso la valorizzazione degli anti ossidanti naturali, un’attività di ricerca che si avvale oltre che dell’apporto di Riccardo Cotarella, anche di quello di Attilio Scienza”.    

Che tipo di vitigni coltivate qui a Narni?
“Abbiamo portato qui vitigni Internazionali e soprattutto due varietà molto difficili: il caberbet Franc e il Pinot Nero. Abbiamo approfittato di un contesto favorevole per il Pinot Nero per quanto riguarda l’esposizione a Nord-Est con una forte escursione termica lungo una collina, una vallata molto ventosa e fresca con delle caratteristiche del terreno molto particolari, che ha la “memoria del mare”. Ma puntiamo anche sul territorio: infatti abbiamo anche piantato il Ciliegiolo e tra un po’ produrremo un vino Doc di Narni”.

Uno dei suoi vini si chiama Sfide. E ce n'è un altro che ha un nome particolare. Ce lo racconti…
“E' vero. Sembra un nome francese, ma in realtà il nostro “NarnOt” è la sintesi dei nomi dei comuni di Narni e Otricoli. Noi ci troviamo proprio al confine fra i due territori e abbiamo voluto mettere in bottiglia questa “sintesi”. Si tratta di un taglio bordolese con base Cabernet Franc per l’85% e il 15% tra Marselane e Tannat con percentuali variabili di anno in anno delle quali l’enologo mantiene grande riserbo anche con il cantiniere”.

Molti politici si sono messi a produrre vino. Ci dica qual è il vino che le piace di più tra quelli dei suoi colleghi…
“Brunetta fa un buon vino. Anche Letizia Moratti e la famiglia Moratti, seguti da Riccardo Cotarella, fanno un ottimo vino”.

Ci riveli i suoi vini del cuore
“Lasciando fuori i vini stranieri, quando voglio bere un vino bianco di qualità, anche se non sono appassionato di vini bianchi, penso al Cervaro della Sala. Tra i rossi mi piace il Masseto perché adoro il Merlot. Ma anche il vino del nostro enologo, il Montiano si colloca a livelli molto alti. Al Sud mi piacciono il Montevetrano di Silvia Imparato, ma anche ES di Gianfranco Fino e il sessantanni della cantina San Marzano.