Giampietro Comolli, fondatore Ovse
“Cresce sì l’export ma è il momento adesso di guardare al valore e non più ai volumi”.
Giampietro Comolli, il fondatore dell’Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti, che ha analizzato insieme alla sua squadra gli ultimi andamenti della produzione nazionale nello scenario globale, commenta in questa intervista le stime aggiornate a settembre. Un quadro che vede le bollicine traino dell' esportazione, una situazione di stallo per i vini tranquilli, ed un prezzo del Made in Italy sugli scaffali di tutto il mondo ancora troppo basso.
Perché si assite all'exploit delle bollicine Made in Italy nel resto del mondo?
“Si manifestano come il vino più Made in Italy in questo momento. In generale, è comunque la tipologia di vino più attraente per il mercato mondiale. Uno studio francese dice che fino al 2018 berremo praticamente bollicine. Il successo è legato a diversi fattori. Probabilmente le bollicine mettono insieme briosità, effervescenza, hanno una gradazione alcolica inferiore e si abbinano alle cucine etniche diffuse oggi in tutto il mondo, ad un tipo di alimentazione che è meno ricca di burro e più ricca di olio. Tutto questo fa sì che il vino italiano più etereo e brioso sia quello che piace di più”.
Si parla anche di un aumento del valore del vino franco cantina.
“Si. Questo 2013 presenta un aspetto positivo, il consumo di bollicine italiane cresce a due cifre e ci avviciniamo ai 300milioni di bottiglie consumate, se non di più. E abbiamo registrato un forte aumento del valore all’origine. Me c’è un aspetto negativo. E’ vero che il valore della bottiglia franco cantina sta crescendo e proporzionalmente di più rispetto ai volumi, è vero anche che partivamo da un prezzo al di sotto dei tre euro e ora siamo al di sopra, e questo dovrebbe portarci a realizzare i famosi 5 miliardi di fatturato nell’esportazione globale, ma rimaniamo lontani dalle grandi cifre francesi. Sono stato da poco in Francia e in Germania, per 29 giorni ho girato settanta punti vendita della gdo. Una bottiglia di Prosecco, per esempio, in un supermercato londinese o parigino, la trovi a 4,50 o al massimo a 6 sterline, Mentre un Crémant d’Alsazia, che non è neanche un Champagne, non lo vedi esposto a meno di 11, 50, in media è sulle 17 sterline. E' questo il problema. L’Italia è prossima ai 5 miliari di euro di fatturato di vino globale, la Francia viaggia sugli otto miliardi, giusto per dare un ordine di grandezza della differenza all’origine e questa differenza si moltiplica ancora di più al consumo”.
Qual è la strategia migliore per colmare questo gap?
“Si deve alzare per forza il tiro in termini di promozione e di una comunicazione intelligente. Non ci si può fermare alla promozione commerciale o a quella fatta tramite gli eventi. Il mix giusto è difficilissimo da ottenere oggi, ma la strada migliore è il contatto one to one. Non è più efficace il solo btob o il btoc. In poche parole, oggi bisogna incontrare persona per persona, andare a presentare il vino punto vendita per punto vendita, non è fondamentale avere una catena commerciale che distribuisce il prodotto, bisogna che il produttore, o colui che rappresenta la cantina, sia perennemente in contatto con chi consuma, con una presenza assidua in termini di spiegazione dell’identità del vino, del valore e di tutto il resto”.
Ricapitolando, sempre più gente all’estero beve italiano. Cosa ci dice invece sul consumo all’interno del nostro Paese?
“Ci stiamo avvicinando ai 32 litri di vino procapite all’anno (attualmente si beve meno di mezzo bicchiere di vino al giorno). Il consumo in Francia, per esempio, è di 45 litri e abbiamo lo stesso numero di popolazione, la stessa produzione. Basterebbe raggiungere il 40 litri all’anno per aiutare la ripresa del comparto, che poi corrisponderebbero a nemmeno 100 centiletri al giorno. Questa puntualizzazione non vuole essere uno stimolo all’abuso dell’alcol. Del resto con queste quantità si rimane entro i limiti della correttezza e della giusta misura di consumo”.
Manuela Laiacona