(Alessandro Dettori)
di Giorgio Vaiana
Alessandro Dettori non può prevedere l’andamento climatico, ma ha una soluzione per contrastare questo meteo pazzo: tornare in vigna.
“Che abbiate il camice, oppure no – spiega Dettori, vignaiolo sardo di Sennori, Sassari, molto attivo sul fronte della difesa dei vini territoriali – bisogna che si ricominci a calpestare la terra”.
L'inverno praticamente “ha saltato un giro”: oggi in Sardegna temperature superiori ai venti gradi. “Cosa sta succedendo? – si chiede Dettori – Non lo sa nessuno, nemmeno gli esperti. Si dice che il clima abbia un andamento ciclico, ma quello che interessa a noi vignaioli, anno dopo anno, è capire il da farsi e questa, secondo me, può essere una gran rivoluzione”.
Già, perché secondo Dettori la viticoltura, così come l’agricoltura in generale, è diventata una sorta di “svolgimento dei compitini, viene gestita prevalentemente con dei modelli matematici, chimici, fisici. Insomma, oggi si cerca di traslare l’esperienza e il sapere dei nostri nonni con dei metodi agronomici assolutamente seri e credibili, il più delle volte riproducibili, ma solo in condizioni standard”.
Troppi bla bla bla, insomma per Dettori e pochi fatti concreti: “Si fa un po’ così: si prende un libro, si guarda come si manda avanti una vigna e si applica il metodo. Stop. Il problema oggi è che è cambiata la base di analisi. Gli elementi sui quali sono costruiti questi standard di gestione, sono cambiati”.
Gli esperti questi cambiamenti climatici li definiscono tropicalizzazione, “ma mentre nei paesi tropicali piove, qui non piove mai – dice Dettori -. Ora occorre fermarsi a riflettere, uscire dagli uffici, osservare l'agricoltura per capire la materia viva, non dei modelli matematici che sono fini a loro stessi”.
Dettori, però, precisa: “Non sto lanciando certo accuse contro i colleghi – dice – anzi sto cercando di promuovere una unione che possa portare benefici. Tutti ormai conoscono questi modelli scientifici e sanno applicarli. Il rischio è la standardizzazione. Dobbiamo mettere da parte la presunzione di pensare di possedere lo scettro della verità”.
(Un vigneto delle Tenute Dettori)
Il problema però, va affrontato e in tempi brevi, perché, dice Dettori “è assurdo vedere che si producono vini a Sud di Londra, una cosa impossibile solo 20 anni fa, così come mi sto rendendo conto che la Borgogna, proprio a causa del clima, si sta sempre spostando. Perché ci sono zone in cui la media delle temperature, vado a memoria, erano di 18 gradi, e adesso è diventata di 22 gradi e consente di produrre determinati vini”.
L’annata 2015, da molti esaltata, per Dettori nasconde delle insidie: “Non sono convinto che sia stata una grandissima annata, ma spero di essere smentito. Ha piovuto poco, poca umidità, abbiamo fatto pochi interventi in vigna, un’uva bellissima a vedersi, ma non ho sentito quei tannini vellutati e nobili che molti hanno raccontato. Bisognerà attendere. Almeno un paio di anni per capirne di più. Chi dà giudizi sull’annata in corso è un ciarlatano. E’ come se parlando di tuo figlio, che va bene alla scuola media, vai dicendo in giro che sarà un grande uomo. Non puoi sapere cosa accadrà in questi anni”.
E poi un capitolo sulle uve: “Noi vignaioli del Sud siamo abituati a uve cariche di zucchero – dice Dettori – in cantina subentra l'esperienza del vignaiolo e dei tecnici che sanno amministrare fermentazioni che possono arrivare anche a 18 gradi e sono gradi che appartengono un po’ al mondo enologico meridionale, dove si fanno vini di alta gradazione ma molto equilibrati. Ma in altri terroir, dove questo equilibrio non è la regola, credo che il 2015 avrà creato qualche problema e sono molto curioso di assaggiare questi vini”.
E adesso, cosa si aspetta? “In azienda siamo sereni – dice Dettori – Ci dedichiamo alle osservazioni, cerchiamo di anticipare i problemi. Da anni lavoriamo così, assecondiamo le piante e le vigne. Se facessi delle previsioni sarei un ciarlatano anche io. Deve essere un monito per tutti: guai a chi cerca di dare delle spiegazioni seguendo modelli matematici. L’ultimo esempio è quello della potatura: i maestri ci dicono che va fatto quando la pianta va totalmente a riposo. Quest’anno il riposo non c’è stato. Da noi in Sardegna ci sono stati solo 10 giorni di freddo, nella seconda decade di gennaio. A dicembre, addirittura, per le temperature miti, si è anche aperta qualche gemma. Noi non abbiamo atteso il freddo, con il rischio che non sarebbe mai arrivato, abbiamo potato lo stesso. Da tre anni lavoriamo con dei nostri metodi che escono fuori da anni di osservazioni e di lavoro sui vigneti. D’altronde la vite è una pianta molto resistente, cresce in zone caldissime come il Brasile o l’Australia o super fredde, quindi il rischio di distruggerla non c’è. Non date sempre ascolto ai professoroni”.