Intervista alla vice ambasciatrice d’Europa per lo champagne eletta in Francia pochi giorni fa
Dice che lo Champagne è il simbolo più rappresentativo della combinazione peculiare di uomo, cielo e terra.
Un calice carico di suggestioni e sogni. Chiara Giovoni (nela foto), milanese (ma di madre siciliana con l’Etna nel cuore) è una giovane donna di 34 anni e di mestiere fa la sommelier. Lo scorso 18 ottobre si è classificata al secondo posto al Concorso Europeo “Ambasciatori dello Champagne” nella finale che si è svolta a Epernay. Il concorso internazionale ha l’obiettivo di sottolineare l’importanza di un approccio pedagogico nella diffusione della cultura dello Champagne e delle sue qualità.
A quasi dieci giorni dal traguardo raggiunto Chiara non nasconde il suo entusiamo: “E’ stata una grande soddisfazione personale. Adesso mi piacerebbe sviluppare dei progetti legati alla degustazione e dedicarmi alla promozione del mio libro Bollicineterapia edito da Salani, nelle librerie dal 15 novembre, che contiene una parte dedicata proprio allo Champagne”. Una passione per il vino nata ai tempi dell’università. “Ma il desiderio di diventare sommelier” racconta “è nato in me quando la passione e la curiosità non bastavano più. Servivano strumenti, tecnica e conoscenza”. Decise così di iscriversi al primo livello AIS a Milano, diplomandosi nel giro di un anno e completando i tre corsi.
Qualcuno potrebbe osservare che un sommelier è un architetto di profumi e di sapori che riesce a presentare le sue proposte con precisione e creatività. Anche quando si parla di Champagne, il vino più concettuale al mondo. Il vino dell’allegria che Chiara beveva a casa durante le feste: “a casa si è sempre bevuto il Moet & Chandon, per lavoro invece il primo che ho assaggiato nel locale di Nicola Cavallaro è stato un Pol Roger Cuvee Sir Wiston Churchill. Amo lo champagne perché ha molte sfaccettature ed una storia affascinante e avvincente legata al territorio. E’ bello poi berlo in base al proprio mood: in questo momento ad esempio sceglierei un Louis Roederer Cristal”. Si dice che le donne abbiano per il vino una sensibilità unica ed innata.
Eppure il mondo del vino è ancora un po’ visto come un universo al maschile. Quali sono le difficoltà per le donne che fanno questo mestiere? Chiara Giovoni rimane a pensare un istante al telefono poi ammette:“Chi lavora come sommelier vive molto la sera e questo rende un po’ difficile coniugare la professione con la famiglia. Molte donne sono, però, a capo di grandi aziende anche nel campo del vino, dove la crisi ha sicuramente cambiato l’approccio del cliente che adesso guarda molto i prezzi. Tuttavia penso che chi si vuole concedere una serata che sia un’esperienza gastronomica unica non si crei troppi problemi a spendere un po’ di più. Magari è più accorto nell’acquisto del vino da destinare alla tavola di casa”
Sostiene Chiara Giovoni che il sommelier non deve essere visto come il guru dal giudizio insindacabile. “Il vero sommelier è anzitutto uno psicologo. In cinque minuti deve comprendere la persona che ha davanti e soprattutto deve saper coinvolgere il cliente nella scelta che gli propone riuscendo magari anche a raccontare le proprie esperienze non solo di degustatore, ma anche di narratore dei territori in cui nascono i vini”.
Ed è proprio il viaggio, secondo la Giovoni, che può arricchire ulteriormente questa professione. Un sommelier, verrebbe da dire, potrebbe diventare un viaggiatore che con lo sguardo proprio del flaneur gira il mondo fermandosi spesso a guardare con nuovi occhi. Perché vedere e viaggiare sono inseparabili. “Viaggiando” conclude Chiara “camminando tra i filari, conoscendo i territori si può realmente comprendere il vino e le storie degli uomini che lo producono”.
Rosa Russo