Parla il segretario generale di Unione Italiana Vini: “Nell'Ocm Vino Sicilia e Veneto sono le regioni più virtuose. Mercato interno in ripresa. l'estero continua a far registrare numeri positivi. Cina un mercato da scoprire, ma dobbiamo essere capaci di vendere il marchio Italia”
(Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini)
di Fabiola Pulieri
Paolo Castelletti è il segretario generale alla guida di Unione Italiana Vini dal 2007. È di Dolcè, comune veneto, in provincia di Verona, ai confini con il Trentino-Alto Adige, zona che vanta la produzione di un vino locale l'Enantio, ma anche di un ottimo pinot grigio. A Roma, presso la sede della Uiv ci ha concesso un’intervista.
Come sta oggi il vino italiano?
“Dal punto di vista del mercato interno grazie al nostro Osservatorio abbiamo notato una inversione di tendenza e sul canale tradizionale, che veniva dato per spacciato, il vino italiano attualmente è arrivato a fare il 50% del valore. Il dato più importante per noi è che ci sono sintomi di risveglio. Le seicento aziende che rappresentano il top delle aziende del vino italiano sono oltre l'80% dell'export.
Sul mercato estero il volume maggiore continua ad essere negli Stati Uniti, mentre in Europa sempre in volume, notevoli sono i dati che riguardano la Germania, l'Inghilterra e la Scandinavia”.
Come aumentare le esportazioni?
“Ampliare il portafoglio dei paesi esteri non è facile, bisogna continuare a insistere sui mercati statunitensi perché non bisogna mai considerarli maturi. Lo stesso vale per il Canada, dove siamo il primo paese esportatore, che è un paese ricco e interessante e soprattutto vasto. In Asia il mercato giapponese è strategico e in espansione mentre la Cina è ancora difficile. Sul mercato cinese non si fa pubblicità sul brand singolo, ma sull'Italia come marchio “status symbol”. I cinesi sono abituati a prendere in considerazione un marchio che identifica in modo chiaro un prodotto. Le automobili Ferrari e gli stilisti italiani di moda sono molto conosciuti e sono un modo per identificarsi con l'Italia, ma questo ancora non avviene per il vino. In questo momento è importante investire nella comunicazione come sistema paese non come singoli”.
E voi come Uiv cosa pensate di fare?
“Abbiamo già un progetto in atto che riguarda la formazione: abbiamo formato 55 persone, addetti ai lavori, che hanno fatto una settimana di studi in aula e poi sul territorio. Sono stati in Italia, hanno partecipato a seminari teorici e poi hanno visitato le aziende, visto con i loro occhi macchinari e strutture che utilizziamo in Italia e appreso le tecniche. Il progetto prevede altre tappe e poi una successiva formazione in Cina. Il secondo aspetto da curare e valorizzare sarà sulla comunicazione, abbiamo in programma un sito istituzionale concepito in modo più specifico, mini siti satellite e una applicazione per gli smartphone che servirà ad aumentare la comunicazione del vino italiano all'estero”.
Nel dettaglio qual è la situazione dell'Italia?
“Dal punto di vista produttivo ci sono delle aree che hanno avuto uno sviluppo importante in termini di innovazione e produzione, una di queste è il centro Italia. Ma il nord continua a farla da padrone: i centri di ricerca sono per lo più al nord, la regione trainante nel vino in Italia è rimasta ed è sempre il Veneto. Il prosecco fa più di 400 milioni di bottiglie ed ha superato di gran lunga le vendite di Lambrusco. La Lombardia dal punto di vista qualitativo è al top ed ha un serbatoio che ancora non ha avuto una giusta espansione e lo stesso vale per il Piemonte i cui vini sono di assoluto livello. Al Sud la Sicilia e la Puglia hanno un potenziale enorme, ma ancora inespresso”.
Dunque Il vino italiano è in salute, ma con ampi margini di miglioramento?
“La cosa più importante è fare il vino buono, ma se poi non si vende? Quindi è necessario rivedere e fare una valutazione omogenea tra i bandi nazionali e quelli regionali e poi investire sulla promozione. Mettere in atto progetti piccoli e di scarso impatto non porta a nulla, bisogna invece mirare a progetti grossi, fatti con l'intenzione di varcare i confini italiani e che hanno una forza di impatto maggiore. Purtroppo, come spesso avviene in Italia, buona parte delle risorse date dallo Stato o dalla Comunità Europea alle regioni non vengono usate, anzi spesso molti milioni stanziati sono stati destinati ad altre misure e non allo scopo per cui sono state elargite. La Sicilia e il Veneto risultano le più virtuose nella gestione dei fondi e i risultati si vedono in termini di mercato”.
Un voto al ministro Martina?
“Il mio voto è 8, non posso che dare un voto positivo, perché è una persona che sa ascoltare. Ha spesso accolto le nostre richieste, le ha analizzate e le ha tradotte in atti normativi”.
Unione Italiana Vini e Federvini si uniranno?
“L'Unione Italiana Vini è già rappresentativa di tutti i vini italiani”.