di Emanuele Scarci
Vinitaly sì, Vinitaly no a giugno 2020. Il dramma della pandemia da coronavirus ha rimescolato le carte.
Alcuni consorzi hanno preso posizione, ma soprattutto si sono spaccate le due associazioni dei produttori del vino. Con un doppio salto carpiato, Federvini è passata dal volerlo mantenere ad aprile al “no”, mentre Unione italiana vini si attiene alle indicazioni emerse dal tavolo degli stakeholder convocato da Veronafiere: il prossimo 3 aprile dovrà pronunciarsi se sussistano le condizioni o meno per celebrare Vinitaly.
“Veronafiere – commenta Paolo Castelletti, direttore generale di Uiv – correttamente ha costituito un tavolo con le principali organizzazioni del vino. Nell’ultima riunione si è deciso di attendere il 3 aprile per capire e decidere sulla base dello scenario. Oggi è del tutto fuori luogo dire “sì” o “no”. Nessuna ha la sfera di cristallo. Un’organizzazione ha deciso che non si possa fare, ma non si capisce su quali basi. VeronaFiere non si è mossa unilateralmente, ma ha coinvolto da un mese e mezzo a questa parte la filiera del vino. Uiv è allineata con Veronafiere per decidere il 3 aprile il da farsi. Oltre Pasqua non si può perché ci sono aspetti organizzativi e logistici”.
Federvini che siede al tavolo ha deciso di no, Vinitaly in giugno non sarebbe all’altezza della tradizione.
“Non spetta a me giudicare altre organizzazioni. Ci sono posizioni diverse dettate dall’emozione di quello che succede. Questo atteggiamento non è solo inutile nell’esporsi con dichiarazioni unilaterali, ma anche dannoso: il settore ha perso un’altra occasione per presentarsi unito, visto che VeronaFiere il suo lavoro l’ha fatto con tutti gli attori. Era importante comportarsi coerentemente e decidere insieme il 3 aprile. Non so cosa ci sia dietro e il motivo per cui qualcuno si sia esposto a dire non s’ha da fare”.
Secondo alcuni operatori, in giugno le imprese sono impegnate nel lavoro in vigna
“Mah, non credo. La parte delle imprese viticole che partecipa a Vinitaly è quella commerciale. Semmai la domanda da porsi è: saremo ancora in grado a giugno di far venire buyer e distributori e fare un Vinitaly all’altezza. Chiaro che se prima di Pasqua non ci saranno queste condizioni è interesse delle aziende e di Veronafiere rinunciare. Un Vinitaly sottotono non farebbe bene a nessuno”.
Psicosi da coronavirus: si sostiene che ci sarebbe stato un calo dei consumi di vino in Italia del 20%. E vero?
“Non risulta che la domanda in Italia sia calata del 20%: la grande distribuzione tira moltissimo, tant’è che le imprese impegnate sugli scaffali girano a pieno ritmo, con crescite consistenti. Non v’è dubbio però che l’horeca sia completamente ferma. E tenendo conto dei pesi dei due canali, direi che il -20% è sparato a vanvera”.
Chi soffre di più in Italia
“I marchi nazionali che puntano sull’horeca (hotel, ristoranti, bar ndr). E che fatturano il 50-60% in Italia”.
Sul fronte dell’export?
“Le esportazioni stanno tenendo, ma il timore è che se la pandemia si estendesse ai nostri 5 principali mercati – Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Germania, Canada e Russia – e si chiudessero bar e ristoranti, l’export andrebbe in crisi. Le esportazioni contribuiscono al 50% delle vendite. Alcuni paesi del centro Europa hanno iniziato ad adottare provvedimenti restrittivi e anche per questo gli importatori hanno fatto magazzino”.