di Giorgio Vaiana
Ottimismo. Della serie “stiamo calmi e non lasciamoci prendere dallo sconforto”.
Ed è impossibile non farsi trascinare dall’entusiamo ascoltando le parole di Fabrizio Bindocci, presidente del consorzio del Brunello di Montalcino. “Poi io – confida alla nostra redazione – sono ottimista per natura e vedo sempre il bicchiere mezzo pieno”. E lo vede anche adesso, in questa fase 4, di convivenza con il virus e alle porte di una nuova vendemmia (anche se da queste parti è già in corso in alcuni vigneti”. “Per forza di cose – dice il numero uno del consorzio – In campagna non c’è stato mica il lockdown. Le vigne sono come dei figli e vanno accudite sempre. Quindi anche nel periodo di blocco siamo venuti qui, con le dovute cautele e misure di sicurezza, mascherine e visiere in primis, abbiamo lavorato, sia nei vigneti che in cantina. Ecco, rispetto alle altre attività produttive, per noi è stato diverso”. E anche oggi Bindocci avverte: “A tutti ho ripetuto sempre le stesse cose – dice – cautela e attenzione. Non si può scherzare. Non possiamo abbassare la guardia e non possiamo permetterci un nuovo lockdown. Sarebbe un disastro”.
Le vendite di Brunello e Rosso di Montalcino rimangono un’incognita: “Noi come consorzio non possiamo sapere con assoluta certezza quante bottiglie vendono i soci – dice – ma vi posso fornire un dato: nei mesi di maggio, giugno e luglio, abbiamo consegnato le fascette. Quindi vuol dire che se qualcuno le ritira, c’è una richiesta di vendita di bottiglie. Il 2020 era partito alla grande se lo confrontiamo con il 2019 per le vendite dell’annata 2015, ritenuta strepitosa, soprattutto in America. Lì ci ha aiutato molto il presidente Donald Trump”. In che modo, è presto detto: “Le sue affermzioni continue sulle nuove misure dei dazi hanno fatto preoccupare i nostri buyer che si sono affrettati a fare scorta di Brunello – dice Bindocci – L’America è il nostro principale mercato di riferimento (il 30 per cento totale dell’export del consorzio). Quindi hanno acquistato parecchie bottiglie temendo l’aumento dei prezzi”. Insomma il 2020 era partito alla grande. E fa un certa impressione pensare che il 24 febbraio, proprio a Montalcino, si svolgeva Benvenuto Brunello: “Già – dice Bindocci – Stiamo parlando di oltre 200 giornalisti e 4 mila Brunello lover presenti all’evento. Poi è successo quello che è successo. Ma nessuno delle persone che ha partecipato all’evento, è risultato poi positivo al coronavirus. Il Sangiovese forse ci ha protetto”. La crisi economica ha un po’ fatto rivedere i piani alle aziende. “Abbiamo sofferto, ma come tutti in Italia – dice Bindocci – ma non ci siamo mai fermati. Soprattutto, mi piace sottolinearlo, qui nessuno è rimasto senza stipendio. Gli operai hanno continuato a percepire gli emolumenti e questa forse è stata la cosa migliore che potesse accadere. Il vino è stato venduto, non come ci si aspettava, ma lentamente. Ma è stato venduto. Non è stato un mercato brillante come gli anni scorsi, ma poi sono anche riprese le visite alle aziende”.
A luglio, infatti, sono tornati i turisti: “Pochi, soprattutto locali, ma anche tedeschi e olandesi – dice Bindocci – Montalcino ha un’economia sana, gli agricoltori sono una categoria di persone accorte, avevano un tesoretto messo da parte, e le vendite alla fine non si sono mai fermate. Qui siamo più “formiche” che “cicale”, non siamo gente abituata a spendere e spandere, ma anzi centelliniamo tutto. E questo ci ha dato una grande mano a non affossare”. E il brand “Montalcino” è visto di buon occhio anche dalle banche: “Gli istituti di credito del nostro territorio non hanno esistato a finanziare chi ne ha fatto richiesta proprio grazie alla forza del nostro brand”, sottolinea Bindocci. Un consorzio sano, dunque, anche dopo la crisi sanitaria, che conta 250 soci, 2.100 ettari di vigneti a Brunello e 600 ettari a Rosso di Montalcino, per una produzione di oltre 9 milioni di bottiglie per il Brunello e di oltre 4 milioni per il Rosso. L’export supera quota 70 per cento, con l’America come mercato principale e le buone performance del Nord Europa. Il Brunello non è tra i consorzi che chiederà le modifiche temporanee al disciplinare per stoccare il vino. “Le giacenze ci sono, ma sono in linea – dice Bindocci – Nelle cantine ci sono già le bottiglie del 2016 e del 2017 in affinamento. Di spazio ce n’è. Non c’è vino nella zona di vinificazione. Tutto è stato spostato nelle botti di invecchiamento”.
E il calo della vendemmia previsto anche da Unione Italiana Vini? “Non c’era bisogno di leggere il report di Uiv per rendersi conto del calo – dice Bindocci – Basta fare un giro tra i vigneti per rendersi conto che c’è meno uva attaccata alla pianta. Ma questa è stata una scelta dei nostri produttori che, a luglio, mese molto caldo, hanno fatto la vendemmia verde, alleggerendo il carico dei vigneti. La vendemmia verde è la saggezza dell’agricoltore”. Parentesi sulla distillazione di crisi. “Non capisco il senso per alleggerire alcune denominazione – dice Bindocci – ma soprattutto credo che sia un errore di fondo sul prezzo. Assurdo pagare 24 euro ad ettolitro, siamo parlando di un tozzo di pane. La distillazione va fatta pagando il giusto. E’ sufficiente valicare le Alpi e andare in Francia per scoprire che la distillazione, da quelle parti, è pagata dagli 84 agli 87 euro a ettolitro. Allora sì che lì ha un senso per evitare di affollare i mercati. Anche da noi poteva funzionare per togliere dal mercato o dagli scaffali le “offerte speciali”, tipo qualche Chianti venduto a 1,99 euro a bottiglia”.
Chiusura sui voucher: “Sono stati tanto maltrattati, ma credo che sarebbero serviti in un periodo come questo – dice Bindocci – in un momento di così grave difficoltà economica. Io mi ricordo quando nel 1976, noi studenti, andavamo in campagna per 15, 20 giorni di vendemmia per guadaganare qualche soldino. I voucher sarebbero serviti agli studenti, magari alle persone in difficoltà, ai lavoratori in cassa integrazione, ai pensionati per arrotondare. Le aziende così, avrebbero potuto assumere con una forma corretta”. E sul futuro del Brunello, Bindocci ha le idee chiare: “C’è stato per forza un cambiamento epocale, nelle abitudini di tutti – dice – Anche nel turismo. Siamo tornati a un turismo “domestico”, un po’ come le vacanze degli anni ’60. Sono stati tantissimi gli italiani che sono venui nella zona di Montalcino, richiamati dalle bellezze del paesaggio, ma anche dal Brunello. I ristoranti hanno lavorato, così come agriturismi e alberghi. Certo non era quel turista che magari compra una bottiglia di Brunello a 200 euro, ma l’economia del territorio ha lavorato, ha permesso a tante persone di vedere tutto da un punto di vista diverso. Non è certo tutto rose e fiori, ma dobbiamo pensare in maniera positiva e costruttiva, impegnarci tutti. Ne va del nostro futuro”.