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L'intervista

Bindocci: “Bene l’evento a NY per il Brunello, ora il Vinitaly. Sullo shopping a Montalcino…”

28 Febbraio 2022

Gli Stati Uniti restano il primo mercato straniero del Brunello di Montalcino.

E il successo dell’evento che si è chiuso a New York pochi giorni fa è la conferma di un momento d’oro per la denominazione toscana. Ne parliamo con Fabrizio Bindocci, presidente del consorzio che risponde su nuove sfide, il rapporto col Rosso di Montalcino e soprattutto sull’arrivo nel territorio ilcinese di nuovi investitori.

Si è chiusa a New York l’edizione statunitense di Benvenuto Brunello. Un primo responso?
“Abbiamo chiuso l’edizione a stelle e strisce di Benvenuto Brunello con 300 operatori e 53 aziende presenti con 150 etichette in degustazione. Ma più dei numeri in questo caso conta la qualità dei contatti: l’anteprima ci ha permesso di consolidare la nostra presenza nel primo mercato di sbocco al mondo per la nostra denominazione, con una quota export che supera il 30% del totale”.

Un ritorno alle origini, quindi ai consumi fuori casa?
“Per il Brunello il fuori casa rappresenta storicamente l’asset più importante della domanda statunitense: è tra i vini più presenti nell’alta ristorazione a partire proprio da New York, con un posizionamento, prima della pandemia, che lo vedeva al terzo posto tra le grandi denominazioni con un prezzo medio fissato a 382 dollari a bottiglia per quasi 2mila referenze in 350 locali selezionati. E lo scorso anno con le riaperture i rossi toscani negli Stati Uniti hanno registrato un aumento del 26% a valore, con il Brunello portabandiera del made in Italy oltreoceano”.

Confermare la crescita del Brunello di Montalcino nell’ultimo biennio sarà la sfida più difficile?
“Con oltre 11 milioni di bottiglie immesse sul mercato, il Brunello lo scorso anno ha fatto segnare il 37% in più rispetto al triennio precedente, e meglio di così non si può fare. Ora gli aspetti più importanti sono consolidare il posizionamento conquistato dal brand e compiere un ulteriore salto di qualità sui prezzi, a prescindere dalla quantità. Un po’ come la sfida che da più di vent’anni si è data la denominazione, con il numero degli ettari sempre fermo a 2.100”.

Ma viste queste performance, non c’è il rischio che bere un Brunello di Montalcino diventi sempre più un affare per ricchi?
“Il Brunello di Montalcino non è un vino da tutti i giorni, almeno per la grande maggioranza dei consumatori. Allo stesso tempo però rimane un vino per tutti nelle occasioni speciali, una sorta di “investimento culturale” che fa bene allo spirito e al palato. Da tempo a Montalcino si è presa la strada della qualità a scapito della quantità, una strada che per essere sostenibile va assecondata con il giusto valore”.

Il Brunello tende a fagocitare la denominazione? Come fare per dare un’identità più affermata al Rosso di Montalcino?
“Il Brunello di Montalcino rappresenta indubbiamente la nostra punta di diamante, ma ciò non significa che abbia fagocitato l’intera denominazione: è sempre stato infatti un elemento di traino in grado di mettere in risalto anche il resto delle nostre produzioni. Siamo però convinti che il Rosso di Montalcino abbia ancora un potenziale inespresso che può catturare l’interesse dei nuovi consumatori che si affacciano sul mercato, per questo stiamo ragionando su un evento dedicato a giugno”.

Al Vinitaly?
“Dopo 2 anni, siamo tornati a New York e, dopo altrettanti anni, torniamo finalmente anche al Vinitaly. Uno degli eventi di promozione più importanti per la nostra denominazione e in generale per il vino italiano. Per questo siamo già al lavoro per definire le iniziative che porteremo alla manifestazione”.

Una delle parole chiave per il vino italiano è quella delle acquisizioni, con l’ingresso di nuovi imprenditori nei territori. Storicamente Montalcino non è da meno ed è di pochi giorni fa l’annuncio dell’ingresso di Made in Italy Fund nella Cantina di Montalcino. Qual è la posizione del Consorzio su quest’aspetto?
“Il Consorzio è sempre aperto alle nuove realtà che investono nel nostro territorio. L’ultima acquisizione dimostra che Montalcino è particolarmente attrattivo dal punto di vista produttivo e anche economico-finanziario. I possibili investimenti “esterni” quindi ci colpiscono positivamente perché sono il segnale di una denominazione di successo che ha lavorato in maniera coesa e sempre nell’interesse del brand territoriale. Per questo il Consorzio non può che avere una posizione favorevole a patto che, come già si è verificato nel corso degli anni, chi sceglie Montalcino ne condivida i valori fondamentali che non riguardano solo il vino ma anche la salvaguardia di un ecosistema territoriale che ha fatto della biodiversità un proprio capisaldo essenziale”.

A pandemia ancora in corso si aggiunge una guerra che tra l’altro rischia di provocare danni, anche indiretti, al settore. Quanto preoccupa questa nuova crisi?
“Questa nuova crisi ci preoccupa molto. Oltre alle eventuali contro sanzioni che presenterà la Russia e la riduzione della domanda di un mercato in crescita, temiamo anche la conseguente escalation dei costi energetici e dei prezzi e del reperimento delle materie prime con ripercussioni importanti su tutti i nostri produttori”.