di Emanuele Scarci
Il gruppo Bertani scandaglia il mercato alla ricerca di prede di pregio, in primis un produttore di bollicine ma punta anche su regioni e categorie di vino mancanti in portafoglio.
L’azienda ha l’obiettivo di crescere velocemente e centrare i 100 milioni di ricavi, supportata dalle spalle larghe dell’azionista, il gruppo Angelini, disponibile a finanziare un’acquisizione anche oltre i 25 milioni di euro. Nel 2019 Angelini Holding (farmaceutica, personal care, meccanica e vitivinicolo) ha realizzato un fatturato di circa 1,7 miliardi, un Ebitda di 218 milioni e profitti per 149 milioni. Il giro d’affari consolida anche il business vitivinicolo, il più piccolo della scuderia. Bertani Domains controlla 6 cantine, con 460 ettari vitati e una produzione di 3,7 milioni di bottiglie. I vini appartengono alle denominazioni più rinomate: Amarone, Brunello, Verdicchio, Brunello di Montalcino, Chianti Classico e Montepulciano. “Abbiamo il pieno appoggio dell’azionista – ribadisce l’amministratore delegato Ettore Nicoletto, insediatosi il 2 marzo, una settima prima del lockdown – Le recenti vicende della famiglia Angelini sono ingigantite dai media e comunque ininfluenti su Bertani. Non vogliamo rimanere a 25 milioni di fatturato, ma crescere. Siamo ambiziosi anche se il lavoro non è banale: il panorama vitivinicolo è frammentato e diventa rarefatto quando cerchi qualcosa di qualità”.
Circolano indiscrezioni su un suo interessamento a cantine siciliane, anche sull’Etna. Rientra nei suoi programmi?
“La Sicilia è una regione bellissima, come faccio a non interessarmene? Certo, guardiamo e parliamo, ma al momento non c’è nulla di concreto. In questa fase però l’urgenza è quella di avere in portafoglio una bollicina: abbiamo la nicchia di Puiatti col metodo classico, ma per competere e approcciare segmenti che possano aprire strade anche ad altri prodotti, devi avere la bollicina. Sia con il metodo Charmat che con il Classico. Le aree di interesse sono queste”.
Qual è l’identikit dell’azienda che piace?
“Sono sempre molto schietto. Cerchiamo soprattutto dei brand forti, che non si sovrappongano ai nostri. Siamo ben attrezzati in Valpolicella, abbiamo un brand qualitativo e tutto da sviluppare a Montalcino, Puiatti è d’interesse perché ha delle potenzialità e poi ci sono altri brand che devono essere molto lavorati, come Fazi Battaglia. Pertanto qualora saltasse fuori qualcosa da una regione che non presidiamo, e che è anche un bel brand, può arrivare prima della bollicina”.
Quindi la bollicina è urgente ma se maturano altre opportunità si colgono.
“Esatto. La priorità della bollicina non blocca tutto il resto. Non abbiamo nascosto che intendiamo diventare un player significativo del vino. Siamo vigili e abbiamo le idee molto chiare sulle Regioni che c’interessano e, soprattutto, sulle categorie. Basta vedere il ranking delle regioni italiane e, al netto del nostro portafoglio, si capisce tutto. Una volta individuato, il brand deve avere un profilo e una reputazione coerente con Bertani”.
Manca molto per concretizzare gli obiettivi? Potreste approfittare anche delle tensioni finanziarie indotte dal virus su diverse aziende?
“Chi ha troppa fretta rischia di fare regali mentre noi vogliamo pagare il giusto valore. L’obiettivo è di salire da 25 milioni di ricavi a 100 milioni nel medio-lungo termine”.
A quanto ammonta il budget per le acquisizioni?
(ride). “Lo vuole all’euro? Ovviamente non glielo dirò, ma gli obiettivi sono ambiziosi. Abbiamo un azionista con una situazione finanziaria molto solida che recentemente ha rinnovato il suo impegno sul vino. Alla fine il budget è commisurato alle opportunità che avremo sul mercato. Sappia comunque che non sarebbe un problema acquistare un business che è più grande del nostro giro d’affari. Questo le dà la cifra di quello che potrebbe essere l’impegno finanziario di Angelini. Non ci spaventa acquistare qualcuno più grande di noi. Il tema però è che dobbiamo riorganizzarci per poter affrontare un processo d’integrazione non banale”.
Causa pandemia e insediamento del nuovo management, il bilancio 2020 di Bertani Domains sarà di “ripulitura”?
“Il covid ci ha svalutati tutti, ma non c’è nulla di straordinario dal punto di vista dell’operatività di bilancio. Per Bertani il 2020 è un anno di riorganizzazione e rilancio. Il mio modello organizzativo prevede una gestione rigorosa e disciplinata e quindi faremo quello che si fa normalmente in un anno di cambio di leadership che ha una sua filosofia gestionale. Certo nel 2020, come tutte le aziende del mondo, dovremo pagare dazio. In particolare Bertani che è molto presente nel fuori casa: in questa fase il nostro modello commerciale ci penalizza tantissimo. Ma questo passaggio a vuoto non ci spaventa. Prendiamo atto che questo è un anno di riorganizzazione e rilancio: il covid ci ha offerto la possibilità di fermarci e pensare”.