(Attilio Scienza)
“Penso che presto, molto presto, berremo il primo vino ottenuto dalla ricerca dei Wine Research team”.
Così parla Attilio Scienza, presentando il primo forum internazionale dal gruppo costituito da Riccardo Cotarella in programma domani a Villa Sandi (ne abbiamo già parlato qui).
“Le aziende hanno ormai compreso che l’innovazione è l’elemento fondamentale per i prossimi anni – dice Scienza – e da qui nascono tutti gli studi e i progetti che, invece, prima erano, diciamo autogenerati dalle università. Invece, oggi, sono le aziende che chiedono su cosa fare un progetto”.
Dalla genetica ai nuovi vitigni, passando per il cambiamento climatico e le varietà resistenti. “Si tratta di argomenti innovativi – spiega Scienza – si parla di viticoltura di precisione, di capire quando e come intervenire in vigna, senza o quasi l’utilizzo della chimica”.
Insomma una ricerca orientata a una viticoltura sostenibile, senza dogmi, “cercando di capire e prevenire come intervenire per risolvere un problema, non studiandolo dopo che si è verificato”, dice Scienza. Oggi la gestione di una vigna è complessa, soprattutto per i cambiamenti climatici che stanno sconvolgendo i tempi di maturazione delle uve: “Questi progetti sono un esempio e uno stimolo a farlo anche per gli altri paesi – dice Scienza – In Italia il Wine Research Team è il primo. Nel mondo anglosassone, per esempio, la ricerca ha fatto passi da gigante”.
Ma Scienza avvisa: “Il tema cruciale è quello della sostenibilità, quella vera, però, e non di marketing. L’obiettivo è produrre uve di grande qualità con le risorse che ti dà la natura, risorse genetiche e ambientali a basso costo. Non una vitivoltura di privazione, come quella biologica, ma di valorizzazione”.
Sui solfiti, idee chiare: “Sono un falso problema – spiega Scienza – Se parti da materie prime sane, se vengono attuate tutte le tecniche enologiche corrette nel rispetto della materia prima, la solforosa è poca. I solfiti erano un rimedio per gli anni passati, quando non c’erano questi strumenti tecnologici. Oggi, invece, le tecniche consentono di ridurre la quantità di solfiti, ma bisogna partire da un’uva meno contaminata dal punto di vista batterico”.