(Simonetta Agnello Hornby)
di Rosa Russo
È il simbolo dello street food siciliano. La sua origine, a seconda delle correnti di pensiero, è sempre stata molto discussa. Difficile, infatti, trovare delle fonti storiche in grado di chiarire con esattezza la genesi della arancina.
A Palermo, una lontana tradizione risalente al 1646 vuole che nel giorno di Santa Lucia, è bene evitare il pane e la pasta. In questo modo viene ricordato il miracolo attribuito alla santa protettrice degli occhi che, invocata dai palermitani, pose fine ad una grave carestia che aveva colpito duramente la città. Da allora, ogni anno per il 13 dicembre, arancine invitanti, panelle dorate e cuccìa diventano le protagoniste indiscusse delle tavole palermitane. Qui l’arancina ha forma rotonda, simile ad una arancia, dalla quale secondo alcuni prenderebbe il nome per analogia. Nella Sicilia orientale prevale, invece, la forma ovaloide, a pera. Esiste anche una differenza sul modo di chiamarli: arancine al femminile nella parte occidentale dell’isola e arancini al maschile nella parte orientale.
Ed è proprio su questo punto che, con l’arrivo di dicembre, ritorna puntuale l’antica questione – difficile da dipanare – riguardante il genere dell’arancina: maschile o femminile? Arancina o arancino? E ancora: quale deve essere la sua forma? Rotonda o piramidale?
Simonetta Agnello Hornby, avvocato dei minori e scrittrice palermitana dal successo internazionale che vive a Londra dal 1972, è solita dare alle sue arancine una forma rotonda: “Le mie nonne – racconta – erano di Canicattì e la tradizione di casa mia è quella di fare la cuccìa e non le panelle o le arancine per Santa Lucia. La maggior parte delle famiglie che conosco, parenti e amici, fanno la cuccìa e non le arancine. L’arancina è rotonda, l'arancino è a forma di piramide. Il ripieno è molto simile. Sono ambedue ottimi. Non ho idea perché, ma così è. Il plurale di arancina in siciliano è arancini. Dunque al plurale, non c’e differenza tra arancina e arancino”.
Nel suo libro, Il Pranzo di Mosè, lei scrive che la fattura delle arancine: “è un’arte a cui si approda dopo anni di tirocinio, iniziatoda piccini”. Quali caratteristiche deve avere un’arancina per essere perfetta?
“Caratteristica principale: media rotonda con un ripieno gustoso, riso cotto, ma non scotto e frittura dorata. I segreti sono due: prima di tutto mettere il ripieno bene per evitare che ‘scappi' e dunque mantenere lo stesso spessore di riso attorno al ripieno. Eseguire, poi, i tre stadi di impanata con meticolosità, modellando l’arancina e “stringendola” a ciascun stadio: la passata in marina, la passata nell’uovo sbattuto e la passata finale nella mollica di pane (pangrattato in italiano)”.
Tra i sapori e profumi delle ricette di casa Agnello non c’è allora nessun ricordo, legato alla tradizione palermitana di preparare le arancine o la cuccìa per il giorno di Santa Lucia?
“Non ho mai cucinato la cuccìa. Mia nonna morì settimane dopo un malessere che si manifestò dopo una scorpacciata di cuccìa, ma che nulla aveva a che fare con la cuccìa e la quantità che la nonna mangiò. Mamma non volle più prepararla dopo. Sua sorella, la zia Teresa, la preparava e ce la mandava a casa. La mangiavano tutti, inclusa mamma. Per quanto riguarda le arancine è bello prepararle con i bambini e insegnare loro come è complessa la preparazione. Nonostante ciò è un lavoro di squadra davvero gioioso. Chiunque può aiutare a fare le arancine. Ci sono compiti semplici quali sbattere l'uovo per l’impanata, grattare il formaggio o tagliare il pecorino per il ripieno; passare al setaccio la mollica di pane già grattugiata per averla “fina”, aiutare la terza impanata, che è facile”.