In casa Tasca d’Almerita ci sono parecchie novità in arrivo. Ma l’azienda ancora non è pronta nel comunicarle.
Nuove strategie? Brand da creare? Progetti di sostenibilità ambientale? Si vedrà. Intanto parliamo con Alberto Tasca d’Almerita (nella foto), della cantina siciliana, sull’anno appena cominciato tra desideri di ripresa e prospettive, brand Sicilia e crisi economica.
Come è cominciato il 2012 per i mercati del vino? Tranquillo o in attesa di nuove tempeste?
“Il 2012 è iniziato con un problema: il ritardo delle consegne a causa dei blocchi Tir. Per i mercati del vino vedo un anno positivo ma solo per quelle aziende che hanno dimostrato nel tempo la validità dei loro progetti, questo vale un po’ per tutti i settori non solo per il nostro mondo. Tempeste e turbolenze ormai fanno parte del gioco e per questo clienti e consumatori non hanno più voglia di rischiare con gli acquisti”.
La crisi come sta cambiando la vita delle aziende?
“Alcune aziende stanno beneficiando della selezione naturale che sta facendo il mercato, noi per fortuna stiamo recuperando qualche fetta di mercato. All’interno le aziende sono molto più concentrate nell’efficienza dei costi e degli aspetti finanziari. Gli incassi sono ormai un fattore discriminante per la selezione del cliente a cui vendere”.
Come sta cambiando l’approccio al vino, sia in Italia che all’estero?
“Rispetto a cinque-dieci anni fa la cultura del vino è cambiata parecchio, i ” brand ” che nel tempo hanno garantito alti livelli qualitativi e serietà nella proposta, hanno sempre più richiesta. Si ècapito che il vino viene dal vigneto e che per fare un buon vino bisogna fare progetti di lungo termine. Il consumatore ha detto basta alle novità improvvisate, ben vengano i nuovi progetti creati su basi solide. Il consumo alimentare in genere va verso la trasparenza e la tracciabilità di prodotto. Il consumatore vuole sapere cosa beve e cosa mangia e vuole che sia sano. La sostenibilità ambientale è ormai un fattore critico importante voluto da tutti, ancora si è capito poco di che si tratta, ma la rincorsa è verso il sano e “pulito” non dimenticando che “organoletticamente buono” è fondamentale”.
Continua l’attenzione verso i vini di fascia bassa? O la fascia media segna qualche passo di recupero?
“L’attenzione è verso i brand, verso la coerenza dei progetti, verso i vini buoni in ragione del prezzo che sostengono, che sia alto o basso il prezzo deve essere meritato. Ovviamente la fetta di mercato è ampia nelle fasce di prezzo basso e viceversa”.
E’ vera la spinta verso la regionalizzazione dei consumi? E se è così, come si manifesta?
“Questo fenomeno è sempre esistito e ritengo che sia naturale laddove le regioni possiedono una forte vocazione produttiva. Questo fenomeno è valido ovunque nel mondo e da noi lo è di più“.
Il ruolo della Gdo in Italia è destinato a crescere ancora?
“Credo proprio di si, sicuramente in tutta Europa le quote di vendita della Gdo sono molto più alte che in Italia. Dovremmo auspicare la crescita di insegne nazionali che aiutino a difendere ed esportare i prodotti del nostro Paese all’estero. Vedo la Gdo estera più attrezzata della nostra e questo è un male per la nostra produzione agricola. Pur tuttavia nel nostro settore le enoteche specializzate dove si lavora sulla cultura del vino avranno sempre uno spazio di mercato. E’ vero che ormai in grande distribuzione si trovano anche vini importanti ma è anche vero che il ruolo dell’oste, quando è bravo, è un valore aggiunto irrinunciabile”.
Con la Doc Sicilia quali aspettative?
Non credo nelle aspettative, preferisco pensare al cosa c’è da fare e c’è tanto lavoro da parte di tutti. Certamente è una incredibile opportunità per fare sistema e valorizzare la ricchezza dei nostri diversi territori. Dobbiamo essere bravi e lavorare duro. Sarebbe importante riuscire a creare per l’estero le cosiddette categorie di vino, cioè tipologie di vino uniformi per territorio di appartenenza e/o composizione varietale e/o tecniche di vinificazione, e/o affinamento e/o altro… All’interno di queste categorie i vari produttori possono sbizzarrirsi con la propria interpretazione, la propria passione, la propria anima. Penso quindi a tutte le nostre possibili proposte territoriali racchiuse in messaggi semplici per il consumatore sotto un ombrello comune: Sicilia.
La carenza di uva nel 2011 ha aiutato alla fine le aziende dai grandi numeri?
“Cosa si intende per aziende dai grandi numeri. Se si parla di Sicilia o di mondo le cose sono molto diverse, di certo il costo ed il prezzo del vino sfuso è cresciuto . Il vero traguardo sarà ottenuto quando i vigneti creeranno redditi sostenibili alla loro coltivazione tutelando l’arte degli antichi mestieri in vigna. In Sicilia abbiamo tantissime competenze umane di altissimo livello, molte di queste negli anni passati hanno dovuto desistere a causa del crollo dei prezzi delle uve …”.
All’estero chi è il grande concorrente della Sicilia?
“Dobbiamo aver paura soltanto di noi stessi: se saremo capaci di produrre vini buoni, di saperlo proporre nel giusto modo, di fare sistema Sicilia in modo positivo, non avremo problemi. Il potenziale produttivo e qualitativo è tutto dalla nostra parte, madre natura è stata generosa con la nostra terra. Tocca a noi uomini. Le note positive ci sono: Assovini è una realtà associativa impegnata seriamente a sostenere il comparto Sicilia del vino, così come l’Istituto Regionale della Vite e del Vino che ha messo in atto tantissime iniziative a beneficio dell’intero gruppo dei produttori siciliani, poi ci sono i vari consorzi di tutela delle Doc, o i progetti condivisi di tutela ambientale come Sostain. Penso che questi siano gli organismi cui oggi possiamo e dobbiamo fare riferimento per progetti comuni… e ovviamente tanta pazienza e tanto buon senso…regole fondamentali per il bene comune. Ho visto spesso demonizzare i brand più noti e sottovalutare i piccoli produttori emergenti senza capire che sia gli uni che gli altri sono parte dello stesso brand, dello stesso made in Sicily. Che poi è parte dello stesso made in Italy”.
F. C.