La nostra intervista al presidente della Camera di Commercio Catania, Ragusa e Siracusa. “In quest'area ci sono oltre 200 mila imprese. I più bravi? I ragusani. Serve un brand. Penso al nome Etna”
(Pietro Agen)
di Federica Genovese
Pietro Agen, nominato nel settembre del 2017 nuovo presidente della Camera di commercio Catania, sta congedandosi con un cinese incravattato e molto sorridente, mentre ci invita ad accomodarci nella sala di rappresentanza.
La sede di Catania oggi, comprende anche quelle di Ragusa e Siracusa. Retorica ma fondamentale la domanda di apertura: con quali intenzioni ed obiettivi torna a ricoprire la carica di presidente? “La prima premessa è quella di rimanere in carica non più di due anni. Durante questo periodo spero fortemente di riuscire a far superare il becero campanilismo, tipico dell’Italia, che è ostacolo allo sviluppo. Siamo una nazione da circa 150 anni, da meno di 100 è avvenuta l’unificazione linguistica, questo spiega perché ci troviamo ancora in stato confusionale. In Sicilia non esiste un governo centrale, non esiste una capacità del governo di imporre delle scelte. Nessuno in giunta è in grado di parlare da siciliano in un’ottica di obiettivi regionali, piuttosto si promuovo gli interessi non solo della provincia, bensì di un singolo comune”.
Si passa poi a focalizzare i problemi cui far fronte per “rimettere in moto la macchina”, come sostiene il neo Presidente. I numeri fanno ben sperare. Nell’area sud-orientale vi sono oggi più di 200.000 imprese, ma Agen confessa che al momento chi tiene testa in fatto di bravura sono i ragusani, perché sono gli unici che hanno saputo fare sistema. E precisa: “Qui, oltre le varie crisi, il nucleo del problema è che le aziende non sono capaci di sopravvivere oltre la seconda generazione ed espandersi. Altro grande limite è la sovrapposizione del ruolo di padrone e manager nella stessa persona. Ciò è impensabile per le imprese di successo del nord, dove le figure non coincidono. Quando questa distinzione verrà attuata, si potrà assistere alla crescita”.
Ci addentriamo così nel settore che ci interessa maggiormente. Quali sono secondo Agen i punti di forza e di debolezza in questa parte della Sicilia”. “Punto di forza la qualità dei prodotti. Su olio, vino, arance e limoni siamo imbattibili. Non riusciamo però a conquistare i mercati perché abbiamo produzioni troppo piccole. Qui il punto di debolezza. Si può fare qualità anche senza rinunciare alla quantità, distinguendo tra fasce di qualità: altissima, alta, buona. Con delle incredibili differenze anche di prezzo”. E continua sostenendo che urge un marchio in cui si identifichi la qualità siciliana, per cui rilancia il brand già ideato qualche tempo fa “Qualità Etna”, che vuole riproporre anche adesso per il sud est, poiché sostiene che l’Etna è unificante per la Sicilia. La soluzione consisterebbe nel far sì che tutti i produttori aderenti si impegnino a versare il 50% della propria produzione annuale al marchio. Questo andrebbe applicato all’intero ambito dell’agroalimentare dove “fare sistema mettendosi d’accordo sui singoli settori, o con un soggetto superiore che ci faccia una proposta”.
Quanto pesa l’agroalimentare nel sistema camerale del sud est Sicilia? La risposta del presidente Agen è rivelativa: “I numeri dicono che la seconda forza di rappresentanza è data dal settore agricolo, se teniamo conto del fatto che questo non comprende la fase industriale e commerciale ad esso collegata, direi che quello oggi è un quarto del mondo camerale del sud est. A produrre siamo molto bravi, ora nostra missione è quella di far vendere ciò che si produce. In attesa della creazione di un marchio comune, si può pensare di vendere prodotti di nicchia in negozi di nicchia, favorendo la nascita di una catena di negozi nelle più importanti città del mondo”. L’ultima domanda riguarda la questione aeroportuale, Catania e Comiso, di cui si attende la privatizzazione e che vede coinvolta in prima linea la camera di commercio, essendone, tramite Sac, socio di maggioranza. “Vogliamo assolutamente venderlo e sappiamo che c’è un fortissimo interesse all’acquisto. Faremo una gara al rialzo. L’unica pregiudiziale che porremo è che non vogliamo vendere a fondi pensionistici, vogliamo che ad acquistare sia un professionista degli aeroporti. E non scenderemo al di sotto del miliardo di euro”.