Il vino come base per cocktail.
Ecco una delle ultime tendenze di consumo. Ce le racconta Adua Villa, wine expert, sommelier consulter, Master Class, enogastronoma, guru del vino in rosa del teleschermo. Sarà una delle guest star della sesta edizione di Paese di Vino che andrà in scena a Castelbuono, dal 29 luglio al 2 agosto. L’abbiamo raggiunta al telefono per farci dare qualche consiglio su come apprezzare le etichette in modo diverso dal solito e in tema con la bella stagione, e farci raccontare il suo punto di vista sul mondo enologico di oggi.
Quali sono secondo lei le nuove tendenze del vino?
“Sta cambiando il modo di recepire il vino. Fino a poco tempo fa noi italiani avevamo, ma anche tutt’ora abbiamo, una maniera molto classica di approccio al vino. E questo è un problema culturale, poiché non viviamo molto bene i cambiamenti. Mentre ritengo sia necessario stare al passo coi tempi. Ad esempio, adesso c’è la moda di bere il Lambrusco come aperitivo. Certamente non è il modo classico di degustarlo ma è comunque un modo per avvicinarsi al vino seppure in maniera diversa. È un cambio del modus operandi, per il Lambrusco così come per il Rabboso del Piave o per altre tipologie ancora che diventano base per i cocktail. E se qualche purista del vino potrebbe non essere d’accordo, bisogna invece pensare che può essere l'occasione per avvicinare le nuove generazioni al vino, una sorta di sensibilizzazione etica. Il vino così può essere alla portata di tutti, senza causare problemi di elevato tasso alcolemico. Un nuovo canale che potrebbe aumentare il consumo di vino piuttosto che quello dei superalcolici.”
Com’è cambiato il modo di bere vino in questi anni?
“Il cambiamento dello stile di vita, della società ha molto influito sul modo di bere il vino e di mangiare. Lavoro da anni per Hit Week, un festival di musica italiana all’estero, portando le aziende italiane che fanno export. Venendo a contatto con personaggi del panorama musicale, come ad esempio i Subsonica, mi sono resa conto che loro, così come altri che si ritrovano molto spesso fuoricasa, ricercano sempre più vino e una cucina di qualità. Insomma sono sempre più informati, esigenti, scoprono sempre posti interessanti. Oggi si beve e si mangia in maniera responsabile.”
Il territorio che le sembra stia facendo passi in avanti?
“Rispetto a qualche anno fa sicuramente sono stati fatti molti passi avanti, anche se si dovrebbe fare un po’ più di sistema, quello che è stato la forza della Francia. L’approccio dovrebbe essere diverso. Presentarsi come regione è un valore aggiunto, soprattutto all’estero. Devo dire che in questo la Sicilia negli anni è migliorata e sta facendo un ottimo lavoro a livello d comunicazione. Sono appena tornata da un viaggio di lavoro a Shangai e in un ristorante di lusso la Sicilia, con il suo Nero d’Avola, figurava insieme al Piemonte, alla Toscana, al Veneto, alla Puglia che rappresentavano l’Italia.”
Cosa pensa dei vini siciliani?
“Penso che l’offerta enologica sia molto cresciuta. Se prima la Sicilia era solo terra di Marsala, passiti e rossi da taglio, poi con il ‘fenomeno’ Nero d’Avola, un grande vitigno autoctono, si è conquistata il suo posto nel mondo. Ma la Sicilia non è solo Nero d’Avola. Basti solo pensare ai bianchi provenienti da vitigni autoctoni come l’Insolia e il Catarratto, al Carricante come al Grillo. Negli anni ’90 quando si pensava a un bianco del Sud si pensava alla Campania, a un Greco di Tufo, a un Fiano. Questo dimostra che la Sicilia ha fatto e sta facendo un grande lavoro. In questo momento i più attenti amatori si stanno dirigendo sui vini dell’Etna”.
Cosa pensa dell’offerta enologica siciliana?
“La Sicilia rappresenta un ‘unicum’ nel mondo. Inoltre c’è un buon supporto da parte della Regione per le aziende. Si pensi ai premi d’eccellenza nelle guide, anche se oggi l’attenzione per le guide sta via via scemando, in ogni caso il fatto di essere inserita è sempre utile per le aziende.”
Come inizia il suo percorso in questo settore? e come prosegue negli anni?
“Ero astemia. Ho iniziato ad avere interesse per il vino perché mi affascinava il rapporto tra questo prodotto così legato alla terra con le diverse religioni. Da lì ho imparato ad amarlo, ad appassionarmi e a frequentare i corsi”.
E come prosegue negli anni?
“Sto lavorando sulla comunicazione. Mi rendo conto che spesso in questo settore si fanno essori in questo ambito: ci si rivolge solo a un target di persone che spesso non sono i consumatori finali. Bisognerebbe invece comunicare in maniera divertente il vino contestualizzandolo in altri settori di maggiore interesse per il grande pubblico. È anche quello che cerco di spiegare nel mio prossimo libro edito da Sonzogno in uscita a settembre in Italia. Si chiama “Una sommelier per amica” ed è una sorta di prontuario, un libro dall’approccio semplice dove ci sono più consigli pratici che teorici. L’idea nasce da un viaggio in Canada, dove ho vissuto per un periodo e dove ho cercato di capire quale fosse la percezione dell’Italia del vino. E lì mi sono accorta che si cerca prima di tutto la praticità, non il tecnicismo”
Qual è il segreto per diventare una sommelier del suo livello. Le donne hanno una capacità in più?
“Noi donne abbiamo una capacità in più. Siamo più sensibili ai profumi, basti pensare quanto il nostro olfatto sia sensibile ai cosmetici. Abbiamo talmente sviluppato questo senso che riconosciamo e distinguiamo immediatamente le varie fragranze e gli aromi. Il nostro è comunque un approccio più personale rispetto a quello che possono avere gli uomini che diventano più bravi di noi perché vanno più sul tecnico, sena coinvolgimento. Noi abbiamo quel ‘quid’ in più. Mettiamo una passione, siamo dirette e spontanee. Loro sono più dettagliati e distaccati. In generale, consiglio a chi vuole specializzarsi in questo settore di assaggiare tutto, di non avere pregiudizi e di confrontarsi sempre con gli altri. E' poi importante seguire una stagionalità del vino, saperlo scegliere in base all’occasione. A casa tengo diverse bottiglie di vino che scelgo in base al momento. Quindi la parola d’ordine è:viaggiare, essere ‘open minded’. Bisogna avere anche molta umiltà, attingere più informazioni possibili. E poi avere una grande passione per la terra.”
Cosa ama bere Adua Villa?
“Sono un’amante delle bollicine. Non solo di Champagne, ma di tutti gli sparkling in generale. Da poco ho assaggiato un Negroamaro spumantizzato del Salento che mi ha entusiasmato. Mi piace assaggiare i vini spumanti nella loro diversità e tipologia. Ad esempio sono stata di recente in Rioja ed ho fatto delle degustazioni sorprendenti. Viaggiare è la mia passione e, dal momento che amo anche cucinare, mi diverto a fare gli abbinamenti con le varie cucine con cui sono entrata in contatto. Ad esempio con le zuppe giapponesi o il Sushi mi piace abbinare i bianchi friulani, mentre a quella Indiana abbinerei il Nero d’Avola.”
Maria Antonietta Pioppo
Adua Villa
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