(Walter Massa – ph Vincenzo Ganci)
Da pochi giorni è in carica il nuovo Governo. E, pare, che la delega al Turismo, che era in capo al ministro all'Agricoltura (Gian Marco Centinaio), possa tornare al Ministero dei Beni Culturali. E Walter Massa, celebre produttore di Monleale, in provincia di Alessandria, ci ha inviato un suo pensiero che siamo felici di pubblicare e condividere con i nostri lettori.
di Walter Massa
Mi è sembrato di aver capito che il nuovo Governo stia ridiscutendo l’accorpamento del Turismo all'interno del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali per riportarlo in seno al Ministero per i beni e le attività culturali. Indipendente da discorsi di matrice partitica, occupandomi io di agricoltura e come tutti gli imprenditori italiani chi più chi meno di turismo, credo che questo accorpamento non si sarebbe dovuto mai più mettere in discussione. Cambiamento amministrativo, politico e strutturale fortemente voluto e realizzato dall’ex Ministro Centinaio a molti apparso un incauto esperimento ma, per quanto mi riguarda, è un pensiero che sostengo da oltre 20 anni. Ritengo che questa strategia accompagnata dall'approvazione del decreto Enoturismo possa realmente rappresentare una piccola-grande rivoluzione, con benefici per la bilancia economica del Paese e per la qualità della vita dei cittadini, dei turisti e del mondo agricolo.
L’Italia repubblicana ha vissuto diverse fasi: quella della ricostruzione, quella del miracolo industriale, quella dell’affossamento completo dell’Agricoltura, quella della Milano da bere per arrivare, ai giorni nostri, a quella del ritorno alle origini, con tutti i moderni ingredienti a partire dall’informatica che il momento storico ci permette. Ritorno alle origini perché ci stiamo rendendo sempre più conto che per andare avanti bisogna guardare indietro; all’esperienza dei nostri padri e ai cinquemila anni di storia che ci hanno preceduti. Dopo aver vissuto per anni la sindrome dell’abbandono, con conseguenti danni all’erario e all’ambiente, oggi l’Agricoltura sta tornando ad essere una voce fondamentale dell’Economia Nazionale, soprattutto grazie al grande impulso del settore enologico – che ha trascinato gli altri comparti dettando linee guida soprattutto in comunicazione e approccio produttivo – ai tanti ambasciatori del gusto formati nelle scuole, prima fra tutte quella del visionario Gualtiero Marchesi, grazie a coloro che ogni giorno valorizzano le eccellenze agroalimentari ed enogastronomiche di questo Paese nel mondo intero.
Il mondo agricolo ha iniziato a comprendere e metabolizzare le ripercussioni della rivoluzione in atto e a capire l’importanza di produrre con qualità. Lo testimoniano la riscoperta e la crescente richiesta di varietà di uve, sementi, razze animali, frutti autoctone e antiche, la crescita esponenziale di aziende virtuose che cercano di produrre il più possibile eticamente e “secondo natura”. In un Paese – il nostro Paese – regno della biodiversità e dell'enogastronomia, delle più celebrate bellezze paesaggistiche, architettoniche e culturali nel mondo, il binomio Agricoltura-Turismo è la strategia del futuro, unico bene possibile per valorizzare e sfruttare al massimo le sue realtà economiche più importanti, con ripercussioni non solo per la filiera agroalimentare, ma anche per tutto il sistema produttivo, per la piccola industria e le attività terziarie connesse, la ricettività, senza dimenticare le ripercussioni sul paesaggio.
Valorizzare l'enogastronomia e i territori rurali rappresenta una strada vincente. Significa dare forza all’Agricoltura e significa potenziare il settore turistico sfruttando un enorme potenziale inespresso: distribuire i flussi turistici che continuano a concentrarsi nelle mete tradizionali – Firenze, Roma, Napoli, Venezia, ecc. – utilizzando queste ultime come porte d’ingresso per nuove destinazioni, piccoli centri e borghi rurali, sempre più minacciati dalla desertificazione, attraverso la leva dell’enoturismo e dei più moderni termometri di salubrità ambientale: le api ed i loro alveari, storica interazione tra l’uomo, la sua intelligenza e le magnificenze della natura. Una delocalizzazione positiva del turismo verso valli appenniniche (quelle che mi appartengono come appartengono a Francesco Guccini ed a milioni di italiani), valli alpine sconosciute, borghi rurali, oasi paesaggistiche create da un'agricoltura fatta di coltivazioni storiche, dall’ulivo alla vite, dai frutteti alle risaie, senza dimenticare pascoli e boschi e la forza dei campi, può dare agli agricoltori la voglia di continuare a modellare il paesaggio applicando protocolli meno invasivi e tutelando il territorio dal dissesto idrogeologico. Può dare l’occasione al turista di valorizzare il lavoro dell’uomo mentre vive un’esperienza autentica. Per questi motivi, riportare il Turismo lontano dal Ministero dell’Agricoltura rappresenta un’involuzione, il ritorno alla concezione di un’agricoltura sfruttata, vessata, di commodity. Certo, l’organizzazione della struttura politica deve essere accompagnata da una visione. La visione di un paese che ha naturalmente le sue radici nel binomio cibo-cultura, senza dimenticarci di investire sull’ospitalità, la visione della necessità primaria di questa sinergia per consentire alle nostre economie un salto di qualità. E proprio perché il vino è stato l’effetto collaterale ha accompagnato tutta la mia vita, ti chiedo di promuovere uno scambio di pensieri, una sorta di referendum su questo tema, tra quei personaggi che tu e Cronache di Gusto avete riconosciuto come i 100 più influenti del mondo del vino italiano. Taormina Gourmet potrà essere un’occasione unica per avviare una seria e concreta discussione sul futuro del mondo agricolo e del turismo italiano.