(Foto per gentile concessione di Marzia Tempestini)
di Daniele Cernilli, Doctor Wine
Domenica 6 dicembre, proprio nel bel mezzo di un ponte vacanziero, Guido Ricciarelli ha presentato a Firenze la sua manifestazione/dibattito dal titolo “jannaccesco” Quelli che…le guide.
Un confronto al quale sono mancati alcuni protagonisti, forse proprio per la data non esattamente praticabile. Perciò ci siamo ritrovati, il sottoscritto per la Guida Essenziale ai Vini d’Italia, Daniele Bartolozzi per Vinibuoni d’Italia, Piero Gorgoni per Vini d’Italia dell’Espresso, Daniel Thomases per I Vini di Veronelli e Antonello Maietta, presidente dell’Ais, per Vitae. Mancavano i responsabili delle guide di Slow Food, del Gambero Rosso, e di Bibenda. Mancava anche Luca Maroni.
Un solo vino, il Sassicaia 2012, ha messo d’accordo tutti, ma ottimi risultati li hanno ottenuti anche Gianfranco Fino con il suo Primitivo Es, Giulio Salvioni con il suo Brunello 2010, Carlo Guerrieri Gonzaga con il San Leonardo 2010 e l’Antinori nel suo complesso.
Ma la discussione si è diretta immediatamente su temi diversi da quelli della mera valutazione dei vini. In particolare su una sorta di critica del giudizio, intesa come analisi delle modalità e delle terminologie con le quali si esprime la cosiddetta letteratura enologica, e su come si formano i vari punteggi. Quello che ne è venuto fuori racconta i motivi delle differenze fra le varie pubblicazioni, i diversi punti di vista a partire dai quali si realizzano quelle che sono delle vere e proprie inchieste sul mondo del vino. Non sto a ricordarli o a commentarli, anche perché, essendo parte in causa, porterei fatalmente acqua al mio mulino e non sarebbe corretto. La cosa che mi veniva in mente, però, era che se nessuno si sorprendeva quando un’analisi politica o economica differiva nell’ambito delle inchieste di diversi quotidiani, la cosa appariva quasi scandalosa se a non andare d’accordo erano le guide dei vini, tanto da concordare su un solo vino fra le decine di migliaia assaggiati e valutati. Se si parte da impostazioni diverse, diversi saranno i risultati, ovviamente e lapalissianamente, direi. E se i giudizi sono liberi da condizionamenti, la loro molteplicità non sarà tanto confusionaria, quanto arricchente.
Personalmente quest’anno ho apprezzato più che in passato la guida dell’Espresso, più asciutta, quasi “essenziale”, un po’ come la nostra. E con giudizi che mi sono sembrati più laici, e perciò in gran parte più ragionevoli e condivisibili. Ovviamente è un parere personale. Poi ho molto apprezzato gli interventi di Daniel Thomases, che mi è sembrato molto saggio e competente, e soprattutto capace di una visione del vino a tutto tondo, che va al di là dei patri confini. Ma l’atmosfera generale era rilassata, ognuno ha parlato con concretezza e il tutto è risultato, a mio avviso, molto interessante.