di Daniele Cernilli, DoctorWine
Il mio professore di Filosofia diceva sempre che il valore esiste se ci sono dei valutanti e non è qualcosa che si libra nell’aria e che ha vita a prescindere da questo.
Perciò anche nel nostro mondo il valore di un vino viene determinato dai pareri di appassionati, esperti, professionisti e anche dal pubblico “normale” ovviamente. Vi dico questo perché ogni tanto leggo di qualcuno che si prende la briga di criticare il Sassicaia perché è, a suo parere, sopravvalutato e non varrebbe il suo prezzo. Da quando mi occupo di vino, e sono ormai più di 40 anni, è un discorso ricorrente. Sta di fatto che quando si stilano classifiche sui vini italiani, da noi come all’estero, il Sassicaia è sempre nelle primissime posizioni. È accaduto di recente con quella redatta da Gentleman e che era dedicata ai 100 vini rossi italiani, realizzata sulla scorta dei giudizi delle principali guide e delle più importanti pubblicazioni internazionali. Sassicaia primo, poi tutti gli altri. Successe con le annate 1972 e 1985 dove in due diversi concorsi che vedevano la presenza dei più famosi vini a base di Cabernet, il Sassicaia mise in fila tutti, grandi Bordeaux compresi.
Quindi i “valutanti” hanno più volte stabilito che si tratta di un vino eccezionale e il suo “valore” dipende da tutte queste prove e non da qualche artificio di magia. Da ciò ne consegue che non si tratta di un vino “sopravvalutato”, ma semmai che qualcuno, per motivi che faccio fatica a capire, lo “sottovaluta”. La realtà che è sotto gli occhi, i nasi e i palati di tutti è che il Sassicaia non solo è un vino formidabile, ma è anche un apripista per tutti i vini italiani di qualità nel mondo e svolge un ruolo che tutti dovrebbero quanto meno rispettare e possibilmente apprezzare. E mi auguro che la stella del Sassicaia, che campeggia sulla sua etichetta, possa continuare a brillare per tanti anni ancora.