di Daniele Cernilli, Doctor Wine
Luciano Lombardi, alias Vignadelmar, storico collaboratore di Doctor Wine, molto attivo sui “social” e attualmente direttore della Bella ‘Mbriana, grande e famosa trattoria/pizzeria nelle immediate vicinanze di Lecce, mi dice spesso che nel suo locale vende fiumi di birra e di vini di buona qualità, propone piatti ben fatti, nonostante il numero dei coperti, ma che, forse proprio per questo, non viene preso in considerazione dalla critica.
I clienti, però, sono quasi sempre contenti, spendono una cifra ragionevole e passano una bella serata. Mi viene in mente quanto è accaduto nel mondo cinematografico con attori come Totò, o come Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, e persino con Clint Eastwood ai tempi dei western all’italiana. Considerati poco più che dei guitti dalla critica, durante la loro carriera, adorati dal pubblico all’epoca, e poi rivalutati molti anni dopo da quella stessa critica che non li aveva capiti in precedenza. Lo stesso si potrebbe dire per artisti come Van Gogh e Modigliani, o per Caravaggio, per pensatori come Marx o Nietzsche, tutti più o meno sottovalutati in vita. Ma il discorso si farebbe troppo serio. Torniamo alla ristorazione e alla cucina “democratiche”, quelle comprensibili a tutti, non eccessivamente costose, basate su prodotti locali, stagionali, su ricette tradizionali, un po’ come la maggior parte delle Osterie di Slow Food, la cui guida rimane, a mio modesto avviso, la migliore e la più originale nel panorama italiano. Proprio perché va controcorrente. Questi locali, anche alcuni che fanno molti coperti, se gestiti con competenza e buon senso, possono costituire e costituiscono nei fatti la spina dorsale della ristorazione italiana, e sono anche quelli che una grande percentuale di persone può permettersi di frequentare.
Questo semplice fatto farebbe sì che la critica, che giudica o dovrebbe giudicare per rendere un servizio ai propri lettori, avrebbe quasi l’obbligo di occuparsene in modo ampio e approfondito. Molto più di quanto faccia attualmente e molto più dei ristoranti stellari che invece occupano uno spazio mediatico francamente sopravvalutato. Sarebbe come se su DoctorWine, ad esempio, voi trovaste solo recensioni di vini irraggiungibili. Qualche volta succede, ma esistono anche rubriche settimanali come “Under Ten” e “Un Vino al Giorno”, dedicate proprio a vini dai prezzi “umani”. E sono molti ma molti di più. Allora vorrei che si ritornasse a un modo ragionevole di considerare il mondo della ristorazione, nel rispetto di chi legge e con lo scopo di fornire un servizio, prima che uno sterile esercizio di alta critica. Raccontando tradizioni, luoghi, persone e piatti, e non solo la sedicente ricerca di azzardati sapori, spesso ottenuti utilizzando tecnologie invasive stravolgenti, dedicata per di più, non alla scoperta di una nuova medicina contro una grave malattia, ma solo a soddisfare gli appetiti organolettici di un ristretto numero di ricconi, spesso ignoranti, che non battono ciglio davanti a un conto di mille euro in due.
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