Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
L'intervento

“Quella cattiva abitudine di voler bere vini troppo giovani”

04 Aprile 2012

Riceviamo e pubblichiamo.

di Renato De Bartoli*

Egregio direttore,
Le faccio i miei complimenti perché con il suo giornale è riuscito a creare un network di informazione che ci avvicina tutti: produttori, clienti, appassionati ed amici.

Trovo che il materiale pubblicato nella maggior parte dei casi sia molto interessante, ma credo che oltre a informare gli utenti sulle novità legate al mondo produttivo, sugli happening di settore, sui vari pareri riguardo a ristoranti e vini premiati, sia necessaria una divulgazione di notizie rivolte ai consumatori, che riguardano la sfera educativa e formativa sul mondo del bere consapevole.

In Italia e soprattutto in Sicilia è diffuso un malcostume, o cattiva abitudine che dir si voglia, sul consumo dei vini, in modo particolare sui bianchi.

Già dal mese di dicembre-gennaio, successivo alla vendemmia (4, 5 mesi), i consumatori iniziano a fare richiesta ai ristoratori ed agli enotecari di vini dell’ultima annata, rifiutando quella in corso e illudendosi così di fare richiesta da intenditore.

Il vino non ha scadenza, non è deperibile, inoltre contiene alcool (naturalmente) che è un conservante. Accorciare la filiera non è utile a nessuno, per il consumatore è un danno a scapito della digeribilità del vino in quanto per portare il vino sulle tavole precocemente bisogna effettuare delle forzature con trattamenti e correzioni. Per le aziende è un aumento di costi di produzione e di giacenze di magazzino.

Il vino dovrebbe trascorrere almeno tutto l’inverno in cantina. Solo così può avere svolto e compiuto in buona parte quei processi fisici, chimico/fisici e microbiologici in modo naturale, volgendo così ad una maturità che si può esprimere al meglio dopo la primavera. Questa maturità non soltanto è riferita alla componente organolettica ed evolutiva ma anche ad una digeribilità e salubrità del prodotto per il consumatore. 

Alcuni componenti del vino quali l’alcool e la solforosa (utilizzata soprattutto come anti ossidante) diventano tanto più digeribili con il passare del tempo.

Quando finalmente si è raggiunta questa maturità verso l’autunno/inverno si iniziano a cercare le nuove annate. Mi sembra assurdo! Questo è un fenomeno tutto italiano.

Prendiamo esempio da altri paesi dove c’è una cultura del bere più consapevole, in cui è normale trovare nelle carte dei vini più annate anche della stessa etichetta senza per forza riferirsi ai grandi cru di Borgogna. Certo sono consapevole che non tutti i vini hanno la capacità di reggere il tempo e di avere un’evoluzione positiva a causa di variabili legate alla varietà e al lavoro svolto dalla vigna fino alla bottiglia. Comprendo pure alcune aziende che attuano una strategia commerciale aggressiva, anticipando l’uscita dei vino. E’ meno comprensibile che questo fenomeno colpisca i vini che hanno questa capacità e per cui il tempo rappresenta una variabile fondamentale per il loro miglioramento.

E’ in questa direzione che va fatta una più approfondita informazione e per questo io mi appello a voi giornalisti, ma anche agli operatori che hanno un contatto quotidiano con il pubblico.

Alcuni segnali di maturità da parte dei consumatori si sono percepiti con il ridimensionamento dei vini Novelli, molto di moda negli anni ’80 e ’90. Ma siamo lontani ancora dal superare alcuni luoghi comuni come quello finora citato o altri, ad esempio la reticenza e l’avversione verso alcune soluzioni tecniche per la chiusura della bottiglia.

Mi riferisco in particolar modo ai tappi tecnici alternativi al sughero come lo Stelvin (a vite), soluzione molto utilizzata ed accettata nei paesi anglosassoni, dove si posso trovare sia vini da primo prezzo che bottiglie da 30/50 euro. Non si comprende, ad esempio, che i vini tappati con questo sistema possono invecchiare più lentamente e si possono impiegare dosi di solfiti inferiori rispetto al tappo di sughero all’imbottigliamento. Più in generale una garanzia sull’integrità della bottiglia.

In vita mia non ho mai visto un vino mediocre migliorare per merito del tappo di sughero, al contrario mi sono capitate decine e decine di grandi bottiglie rovinate da questa chiusura. Spesso ci si ancora a certe abitudini e si è superficiali verso altre, ad esempio nei confronti della conservazione del vino e del suo trasporto. Pensiamo ai ghiaccioli dal valore di pochi centesimi che compiono tutta la filiera nel freddo, per il vino invece, che ha un valore nettamente superiore, ciò non accade.

Mi scuso per la passione e la foga con cui mi sono espresso rischiando di cadere in polemica ma mi creda direttore, Le ho esternato con sincerità un mio pensiero da cui mi auguro Lei e i suoi collaboratori possiate trarre qualche spunto per il vostro prezioso lavoro. 
 
*produttore di vino a Marsala