(Giancarlo Gariglio)
“Credo che ormai si dovrebbe bere più il territorio che il vitigno. Quindi Col Vetoraz non ha tutti i torti”.
La vicenda della parola “prosecco” rimossa dalle etichette delle bottiglie dalla cantina Col Vetoraz (ne parlavamo in questo articolo>) non smette di creare discussioni. Se il presidente del consorzio del Prosecco Doc Stefano Zanette non aveva certo usato parole dolci, senza mai citare l'azienda però (leggi questo articolo>),oggi sul caso interviene anche Giancarlo Gariglio, curatore della guida Slow Wine e grande conoscitore del mondo del vino italiano. “L'unica cosa che contesto a molti produttori, anche se non è questo il caso – specifica Gariglio – è che quando uno fa una cosa in un certo modo, si fa in quel modo e basta. Insomma ci sono atteggiamenti che non mi piacciono. Un po' come quelli che producono il vino in maniera naturale, e voi sapete quanto ci piace questo mondo, ma che dicono che tutti gli altri producono vini brutti. Insomma il mondo è bello perché è vario. Si possono fare vini in maniera sostenibile senza però buttare fango sugli altri”. Un po' come è accaduto in questo caso: “E' un atteggiamento che mi da fastidio – dice Gariglio – Qui nessuno ha fatto niente di scorretto o illegale ed è giusto precisarlo. Non ci sono buoni o cattivi e non bisogna sminuire il lavoro di nessuno”. Secondo Gariglio, insomma “si tratta di visioni dell'azienda di un certo tipo ed è normale che si crei la polemica perché si va in contrapposizione. Per noi di Slow Wine, però, è la scelta giusta da fare. Si deve bere sempre più il territorio e non il vitigno. Ha molto più senso e, secondo me, è anche una scelta molto più moderna. Basta dare un'occhiata alle grandi cantine europee o ai vini di un certo livello che vanno sempre di più verso un'indicazione territoriale e non varietale”.
Un po' come quello che sta succedendo in Sardegna: “All'interno dell'Igt Isola dei Nuraghi si vorrebbe inserire la dizione “Vermentino” in etichetta. Ma quelli che producono Vermentino si lamentano. In realtà per me, la denominazione Vermentino di Sardegna ha poco senso. Dice tutto e non dice niente. Quando tutto è incentrato sul vitigno non ha molto senso, né strategico né economico”. Tornando al caso del Prosecco, secondo Gariglio, “alcune aziende che producono Docg stanno cominciando ad avvertire in maniera più persistente la differenza dei numeri con la Doc. La Docg, infatti, non può crescere più di tanto, il territorio è quello che è. Ma i costi di produzione sono molto più elevati, anche se i prezzi dell'uva non sono poi così diversi. Ma in realtà questa pressione c'è. Perché chi fa tante bottiglie, comunque guadagna. Chi produce Docg, invece, avverte questa pressione e percepisce che, in fondo, il loro lavoro non è remunerato in maniera equa come dovrebbe rispetto ai colleghi del Prosecco Doc. Insomma c'è questa sofferenza economica e psicologica comprensibile”.
Chiusura sul Prosecco: “Sicuramente siamo arrivati a dei numeri talmente alti che non so se avranno la possibilità di crescere ulteriormente – dice Gariglio – Ma credo che adesso varrebbe la pena cominciare a creare maggiore valore per questo vino piuttosto che affannarsi sulla ricerca dei numeri sempre più grandi. E' vero che fanno più numeri dello Champagne, ma i vini francesi valgono, in media, cinque volte più del Prosecco. Insomma non ha molto senso fare tante bottiglie se poi te la trovi sugli scaffali dei supermercati venduta a 2 euro. Per non parlare del fatto che è necessario migliorare l'immagine dal punto di vista della sostenibilità ambientale”.
G.V.