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L'intervento

Nuove autorizzazione per i vigneti, Lorenzoni (Soave): “Obbligo di cambiare rotta”

13 Settembre 2016
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(Aldo Lorenzoni)

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

di Aldo Lorenzoni*

Una attenta lettura dei risultati sull’assegnazione dei diritti di impianto con il nuovo sistema delle autorizzazioni certifica, oltre ogni dubbio, il pessimo risultato ottenuto con il decreto attuativo ove, non recependo alcuni dei criteri preferenziali inizialmente contemplati nel decreto 2272/ del 2015 (soprattutto per regioni strategiche come Veneto e Friuli), quasi tutti i nuovi impianti sono finiti ad imprese prive di storicità e a territori non vocati.
 
Chi un anno fa, nel segno della liberalizzazione e della semplificazione burocratica, spingeva il ministero ad assegnare i diritti solo proporzionalmente alle superfici richieste ed ammissibili oggi non mette altrettanta energia nell’indirizzare la nuova campagna verso altre indicazioni, di fatto riconoscendo il grave errore che è stato realizzato perdendo l’occasione di indirizzare questi diritti verso territori e produttori più bisognosi e preparati.
 
Questo il dato più eclatante per il Veneto: circa il 90% delle nuove superfici assegnate va ad aziende industrializzate ad indirizzo cerealicolo, mentre solo poco più del 10% va ad aziende con investimenti nel settore viticolo e frutticolo.
 
Se si fosse tenuto conto anche solo di questa priorità nell’assegnazione degli impianti oggi non saremmo qui ad assistere a nuove vigne piantate là dove, fino a qualche anno fa, erano stati dati contributi per l’estirpazione o impianti realizzati in aziende che hanno da poco ceduto diritti a caro prezzo a seguito di estirpazioni.
 
Credo quindi che il sistema vitivinicolo  nazionale, facendo tesoro dei gravi errori dell’ultima assegnazione, debba aprire un confronto serio su questo tema per favorire finalmente quei territori dove il vigneto va ad integrarsi in un contesto produttivo e paesaggistico di qualità e di esperienza.
Il decreto sulle autorizzazioni si prefigge di garantire in un contesto di libertà la crescita graduale delle aziende vitivinicole e dei vari territori vocati, non certo con l’obiettivo di creare in contesti produttivi non storicizzati impianti standardizzati ed avulsi dal contesto produttivo o bacini di impianti “cedibili” con il meccanismo dei finti contratti di affitto(impianti per conto).
 
Clausole di salvaguardia, criteri di ammissibilità e priorità possono consentire nel 2017 di ottenere un risultato, regione per regione, sicuramente più corretto, etico ed efficace di quanto fatto nel 2016.
Il decreto ministeriale 2272 del 2015, che recepiva le norme per l’attuazione del nuovo sistema autorizzativo codificato della direttiva UE 1308 del 2013, aveva tra i criteri preferenziali il conduttore giovane dell’azienda e la costituzione di impianti che contribuissero alla conservazione dell’azienda utilizzando le produzioni più qualificate Doc e Docg.
È qui prevista anche una priorità per le piccole/medie aziende perché con i nuovi impianti possano diventare più specializzate ed economicamente sostenibili.

Codificare per ogni areale questi concetti consentirebbe ad ogni sistema territoriale di pianificare al meglio la crescita, anche utilizzando altri parametri, come la classificazione delle aree in collina e in pianura, differenziando ettari e punteggi, escludendo chi ha ceduto diritti, premiando le aziende che hanno rivendicato vini di qualità e quelle con una alta percentuale aziendale a vigneto.
Potrebbe essere premiata anche la conduzione biologica ed andrebbe limitato il livello minimo e massimo di ettari per azienda. Tutti i parametri che sulle scorta di altre esperienze possono consentire ad ogni regione il migliore risultato nell’interesse di una crescita equilibrata e qualitativa.
A margine di queste considerazioni generali va sottolineato comunque che la viticoltura specializzata e storicizzata di collina ha oggi bisogno di nuovi e più dedicati strumenti per resistere alla sfida lanciata dalla viticoltura di pianura dove estensione e meccanizzazione sono fattori che concorrono a ridurre di molto i costi produttivi.

Negli areali collinari parcellizzazione e manualità sono oggi fattori limitanti se alle spalle non è attivo un brand collettivo forte.
Il rischio di uno scivolamento delle viticolture a valle se non “a mare” è oggi molto concreto tanto da richiedere con urgenza provvedimenti specifici.

*direttore consorzio del Soave