La questione zuccheraggio è sempre spinosa per tutti gli addetti ai lavori del mondo del vino.
Oggi, per gentile concessione di Assoenologi, pubblichiamo l'editoriale che uscirà sul numero di giugno della rivista L'Enologo a firma del presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella. Il numero 1 di Assoenologi, analizza punto per punto questa vicenda. E lancia un appello: “E' tempo che l'Europa unifichi le leggi in materia”
di Riccardo Cotarella*
Prima ancora che un’ eventuale rilevanza penale la questione ha in sé una connotazione etica. Nel senso che coinvolge la morale di ognuno di noi. Che poi significa onestà di comportamenti. Rispetto dei sani principi cui deve ispirarsi ogni attività. Difesa del comparto sociale in cui si opera. E infine quella carica di orgoglio che impedisce a chi produce vino di tradire il nostro passato e tutto quanto è stato faticosamente costruito da chi ci ha preceduto. Ma veniamo ai fatti.
DALLO SCANDALO DEL METANOLO AD OGGI…
Dai tempi dello scandalo del metanolo – con il suo doloroso tributo di vittime – il mondo del vino sembrava immune da manovre speculative e,a giudicare dalle notizie apparse sulla stampa, apertamente illegali. La crescente affermazione dei nostri vini, e la fiducia che ne accompagna il prestigio e la qualità, escludevano la presenza di manovre illegittime e fortemente dannose. Poi, il recente episodio. Una frode bloccata grazie alle indagini delle varie istituzioni, Guardia di Finanza e Ministero delle Politiche Agricole, in testa. Di qui i sentimenti di gratitudine e il riconoscimento per il lavoro svolto dalle forze di polizia, quantomai attive sul piano dei controlli. Ma la gravità dell’episodio offre lo spunto per tornare su un argomento che ci sta particolarmente a cuore: ovvero la salvaguardia della nostra immagine nel mondo, e quindi del rispetto dovuto ai produttori italiani. Il concetto è più che mai chiaro. Noi condanniamo senza alcuna riserva qualunque scorciatoia.
IN ITALIA IL VINO SI PRODUCE CON L'UVA
In Italia il vino si produce con l’uva e non con acqua e zucchero. Ne è prova il fatto che c’è in proposito una precisa giurisprudenza, che risale al 1965, vale a dire a oltre mezzo secolo fa. Da noi – recita la legge – è vietata l’aggiunta di qualunque zucchero diverso da quello derivante dall’uva – saccarosio da barbabietola o canna che sia – allo scopo di aumentare la gradazione alcolica dei mosti e dei vini. La regola, contrariamente alla fumosità di tante norme, è più che esplicita. Ed è anche a questa chiarezza che dobbiamo lo standard di qualità che i vini italiani hanno guadagnato nel mondo. Siamo diventati quel che siamo perché noi procediamo al tempo stesso nel solco della tradizione e delle conquiste della scienza. In una parola da quel patrimonio di cultura, che è il solo elemento a fare la differenza. D’altra parte, la nostra capacità professionale ci consente di gestire i cambiamenti climatici di ogni annata, anche su lungo periodo. Per cui non abbiamo bisogno di cercare vie traverse per affermarci. appiamo bene che il nostro vino è un patrimonio da tutelare e valorizzare sempre. Solo il dubbio che qualche nostro produttore – in aperta violazione di ogni etica e dignità imprenditodiriale – possa aver prestato orecchio a questa truffa, mi lascia sconvolto. Mi auguro sinceramente che gli esiti delle indagini facciano totale ed estrema chiarezza. L’importante è che qualunque tentativo di minare l'immagine del vino italiano fallisca miseramente. Dinanzi all’integrità morale sia degli imprenditori che degli enologi.
IL VINO ITALIANO NON PUO' CEDERE ALLE LUSINGHE DEGLI ILLECITI GUADAGNI
Perché, al di là dei profondi valori etici, il vino italiano non può cedere alle lusinghe di illeciti guadagni. C’è troppa storia, troppo orgoglio, troppo sacrificio delle generazioni che ci hanno preceduto, perché tutto questo si possa perdere. Detto ciò non vorrei che si trascurasse il fatto che l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo – insieme a Spagna, Portogallo e Grecia – dove il vino si ottiene dai soli mosti d’uva. Dal punto di vista della tracciabilità e dei percorsi naturali, l’Italia ha dimostrato più coerenza rispetto ad altre nazioni, dove – a partire dalla Francia e dalla Germania – i controlli hanno maglie piuttosto larghe. E allora? Ancora una volta la palla passa ai politici. Noi possiamo solo elevare una forte barriera contro ogni tentativo di corruzione. Ma non basta. La legge deve tutelare il vino italiano, specie nell’ambito di quell’Europa di cui facciamo parte. Confidiamo nell’attenzione che il problema merita, visto il potenziale economico che il nostro vino rappresenta.
ESCLUDERE L'USO DELLO ZUCCHERO DA BARBABIETOLA O DA CANNA
E qui gli organismi di categoria – a partire dall’Assoenologi – devono concordemente esercitare ogni ragionevole pressione sul nostro Ministero delle Politiche Agricole perché l’uso dello zucchero da barbabietole o da canna sia decisamente escluso dai processi di vinificazione non soltanto in alcuni Paesi della Cee bensì in tutta l'Unione. Esistono ragioni di natura etica ed economica. Etica in quanto la tecnologia ci mette a disposizione zuccheri sotto forma liquida e/o solida derivanti esclusivamente dall'uva che ci mettono in condizione di evitare l'utilizzo di altri tipi di zucchero di origine diversa. Economica in quanto l'utilizzo del saccarosio da canna o barbabietola, con il suo costo notevolmente più basso, alimenta una sleale concorrenza. La nostra presenza sui mercati e il felice riscontro ci obbligano a mantenere – e possibilmente a migliorare – quello standard di qualità che è il requisito-principe del made in Italy. Questo vuol dire che il nostro stile (che è anzitutto coerenza e rigore), se porta il nome dell’Italia non può essere volgarmente tradito,anzi esso va rigorissimamente applicato quantomeno a tutti quei Paesi che sono (o dicono di essere) soggetti alle stesse regole.
*presidente Assoenologi