(La cantina Donnafugata)
Riceviamo e pubblichiamo
In vita gli scrissi una volta, una volta sola, per ringraziarlo di una cortesia ricevuta, poche righe scritte di pugno. La sua risposta fu pronta, la sua replica sincera, partecipata ed affettuosa. Credo che fosse avvezzo a situazioni simili per via dell’innata disponibilità che lo portava a non risparmiarsi davanti a richieste di soccorso chiunque fosse a farle e qualunque fosse la ragione.
La morte è sempre inopportuna, invadente, arrogante. Per chi resta, anche a dispetto della propria fede, almeno in un primo momento, la perdita di un congiunto non può che essere dolore, disperazione, privazione assoluta. La consolazione del paradiso, anche per chi crede arriva dopo, molto dopo.
Senza che ci fosse alcun disegno, quindi per puro caso, la mia vita professionale, che il più delle volte assorbe anche quella privata, si è legata circa 15 anni addietro a quella di Giacomo Rallo e della sua famiglia.
Il destino ha voluto che ad un certo momento, la tradizione imprenditoriale vitivinicola che ha avuto origine nel 1851 a Marsala da Diego Rallo si sdoppiasse in due filoni autonomi e distinti, uno di forte innovazione, straordinaria e visionaria modernità: Donnafugata; l’altro, ricco di uno splendido passato, più tradizionale, timido, quasi incerto nel suo avvio con un futuro tutto da conquistare: Rallo.
Io, da circa 10 anni porto il testimone della Rallo, mi impegno per valorizzare un marchio che ha reso noto nel mondo non solo il territorio di Marsala ma della provincia di Trapani tutta, Alcamo in particolare, inclusa la piccola ed affascinante isola di Pantelleria.
Consentitemi di dire che rappresento, oltre che me stesso e quanti con me che condividono il percorso imprenditoriale, almeno idealmente ed in parallelo, la quinta generazione di quella famiglia che ha legato indissolubilmente il proprio nome alla storia vitivinicola siciliana, la famiglia Rallo, questo per sentimento di stima e riconoscenza, non per discendenza, non per diritto ereditario ma per dovere, per rispetto.
Vivere ed operare da depositario, custode di una tradizione ed una storia che non ti appartiene perché ti precede, una storia a cui tu appartieni e di cui rappresenti uno dei vari capitoli, comporta una doppia fatica e ti pone davanti a responsabilità aggiuntive a quelle facilmente intuibili e comuni a tutte le posizioni dirigenziali all’interno di una azienda per quanto piccola questa sia.
Indipendentemente delle vicende privatistiche che ne determinano i corsi e regolamentano gli usi, un marchio mutuato da un cognome, per quanto sia autonomo dalla famiglia di originaria appartenenza, rimanda con forza alle proprie origini vincolando inevitabilmente la gestione corrente.
Un marchio storico appartiene alla sua storia ed alla collettività più di quanto appartenga giuridicamente ai suoi titolari.
Su questi assunti si fondava il rapporto di stima, rispetto ed ammirazione che mi legava a Giacomo.
Lui per me rappresentava l’ultimo testimone di un percorso imprenditoriale, ultracentenario interrotto oltre che per motivazioni strettamente aziendalistiche (mercato/prodotto) anche per collusioni oltre che collisioni famigliari, fisiologici conflitti generazionali che avevano negativamente inciso nella vita societaria.
Io, per lui, la speranza che il proprio marchio potesse continuare a vivere in una dimensione contemporanea e coerente con le esigenze di consumo moderno, nonostante questo fosse del tutto estraneo dal proprio raggio di azione e dal suo diretto interesse economico. Il suo era un interesse del tutto privo di riscontri economici, un affetto romantico per una parte della propria vita e della propria storia oramai relegata nel passato remoto.
Che Rallo potesse mantenere una propria identità e vitalità fuori dal mondo del Marsala senza rinnegarlo, rappresentava per Giacomo, più che una speranza un vero e proprio auspicio. Questo indipendentemente dal fatto che Donnafugata fosse già unanimemente riconosciuta come uno dei più riusciti successi dell’enologia italiana degli ultimi decenni. Il successo nuovo non lo ha mai distratto delle sue origini, dal suo passato.
La vera Opera Unica non è stata Donnafugata in sé e per sé, ma Donnafugata dopo Diego Rallo e figli, il ritrovato successo dopo l’amara sconfitta, dopo il triste, seppur temporaneo, naufragio della propria storia imprenditoriale.
Magistrale ed ammirevole la capacità di rialzarsi dopo la caduta, di riconquistare la piena fiducia del mondo del vino italiano dopo che il ristretto ambito provinciale lo aveva malignamente relegato nell’ambito dei perdenti.
Ho più volte avuto la netta sensazione che il lavoro di riqualificazione portato avanti negli anni sul “nostro” marchio lo gratificasse e rassicurasse sul fatto che il proprio cognome, nella dignità di marchio, potesse continuare a brillare nel firmamento enologico siciliano come una stella tra le tante che nel frattempo, seppure ultime arrivate, rischiavano di offuscarla per sempre.
Uno scambio mutuo fatto di rimandi, di discreta complicità.
Chiedo che il mio dolore per la sua scomparsa possa trasformarsi presto per me in nuova energia per proseguire il processo di miglioramento continuando nella direzione già intrapresa.
Mi auguro di potere continuare a valorizzare le tipicità ed identità territoriali fuori dai provincialismi, di amare il mio senza narcisismi.
Passione per il confronto, coraggio nelle battaglie, desiderio di aggregazione, sobrietà nei modi, eleganza nelle proposte, raffinatezza nelle scelte, garbo negli atteggiamenti, gusto nei dettagli, fiducia nella propria terra e nei propri collaboratori queste erano alcune delle caratteristiche di una delle figure più rappresentative ed autorevoli del mondo del vino italiano che ha appena lasciato il testimone ai propri figli e più in generale, per via della sua statura, alle generazioni successive, generazione a cui io appartengo e che mi auguro si dimostri all’altezza dell’eredità ricevuta.
Sono certo che la terra gli sarà lieve.
Andrea Vesco, ad di Cantine Rallo