di Daniele Cernilli, DoctorWine
La gente del vino non fa solo vino. Migliaia di produttori in tutta Italia hanno salvaguardato paesaggi, costruito muretti a secco di contenimento, cercato di fare agricoltura ecosostenibile, hanno supplito con la loro attività a quello che avrebbero dovuto fare enti pubblici.
Nel loro interesse, certo, ma anche nell’interesse generale. Hanno creato economia in luoghi che senza di loro sarebbero stati abbandonati, hanno fatto andare milioni di persone nelle loro aziende, determinando un indotto turistico e gastronomico fondamentale. Sono stati gli alleati naturali della ristorazione italiana, sia da noi che nel mondo. Hanno partecipato a migliaia di manifestazioni, facendo degustare i loro vini ovunque, molto al di là della resa economica, per orgoglio e passione. Quante volte mi sono trovato fianco a fianco con molti di loro a raccontare di territori, di luoghi, di persone, e non solo del vino che avevamo nel bicchiere. A Tokyo, a Los Angeles, a Rio de Janeiro, a Stoccolma, a Pechino, a Mosca. Davanti a persone che a stento sapevano dov’era l’Italia e che alla fine avevano imparato dove si trovava il Molise, la Basilicata o il Collio, cose per nulla scontate persino in Italia. Facendo venir voglia di visitare quei posti.
La gente del vino è Cantine Aperte, è anche il Vinitaly, discusso finché si vuole quest’anno, ma importantissimo anche fuori Verona con tutte le fiere alle quali partecipa organizzando la presenza di molte cantine. La gente del vino è il movimento dei vini “naturali” e insieme è l’Assoenologi, sono le scuole dove si insegna vitienologia, sono i consorzi, sono gli agenti di commercio, i responsabili di marketing e di comunicazione, sono gli enotecari e i proprietari di tanti wine bar, siamo anche noi che scriviamo. La gente del vino è l’Ais, l’Onav, è Slow Food, è la Fisar, è la Fis, e tutti quelli che fanno didattica.
La gente del vino porta nel mondo dei flaconi di territorio, e anche oggi, concretamente, in molti Paesi è possibile bere un sorso d’Italia aprendo una bottiglia di vino che comunque viaggia o ha potuto viaggiare, portando una testimonianza che siamo ancora vivi, che ci siamo, che non ci siamo fermati, nei limiti del possibile. La gente del vino è il made in Italy migliore, è l’artigianato agricolo. La gente del vino è Piero Antinori e Lorenzo Accomasso, è Francesco Valentini e la Cavit, è Gianfranco Fino e le cooperative dell’Alto Adige. È un mondo ricchissimo di umanità, di gente che butta il cuore al di là dell’ostacolo. Non tutto, non tutti, ma tanti sono questo.
Oggi la gente del vino è in difficoltà. Nella task force di Colao non c’è nessuno della gente del vino. Nessuno che capisca che è una degli architravi di turismo, ospitalità e ristorazione, altri settori che sono in difficoltà. Mettere nell’angolo la gente del vino non è solo un errore, è una pazzia. La gente del vino è abituata a rimboccarsi le maniche, ma stavolta non ce la farà da sola.