di Daniele Cernilli, DoctorWine
Con l’uscita della versione del 2012 finisce l’era del Breg di Josko Gravner che a quell’epoca decise di non produrlo più.
Il Breg, un tempo Vinograd Breg, è un vino prodotto con un uvaggio di chardonnay, sauvignon, riesling italico e pinot grigio coltivati in un unico vigneto e vendemmiati contemporaneamente. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta la fermentazione avviene a contatto con le bucce, e pochi anni dopo Gravner iniziò a utilizzare le anfore georgiane interrate, spingendo fino a sette mesi la macerazione e a sette anni la permanenza del vino in botti grandi di rovere di Slavonia. Ma la storia del Breg, o meglio, del Vinograd Breg come si chiamava inizialmente, è ancora più antica, e risale almeno ai primi anni Ottanta, quando Josko iniziò a produrlo con tecniche molto normali per l’epoca, vinificazione in bianco e affinamento in vasca di acciaio. Passati alcuni anni si passò alla fermentazione in barrique per tutti i vini bianchi, fino a quando Gravner ritenne di dover tornare alle radici e alle tradizioni che più lo rappresentavano. In tutto questo il Breg, che per un paio di anni venne chiamato Bianco Gravner, cambiò completamente e divenne uno fra i primissimi orange wine della storia recente della vitienologia italiana, dimostrando che anche con una vinificazione “in rosso” di uve prevalentemente bianche (tutte a parte il pinot griglio), si potevano ottenere vini straordinari.
Certo, chiamarlo Bianco Breg, come fa Josko, è un po’ azzardato, visto che tutto è fuorché un bianco. Ha un colore ramato, conferitogli dalla presenza di pinot grigio, oltre che dalla lunga macerazione. Ha profumi di incredibile complessità, e se assaggiato ad occhi chiusi sembra sicuramente più un grande vino rosso che un bianco. Però ha sempre rappresentato l’alter ego della Ribolla Gialla, anch’essa macerata, ma decisamente più bianca del Breg. La cosa da chiedersi è come mai Gravner abbia deciso di non produrlo più, addirittura spiantando il vigneto, il vinograd in sloveno. La risposta è semplice, ha deciso di dedicarsi a sole due varietà, ribolla gialla e pignolo. “Fare più di due vini è molto difficile per me – ha sempre sostenuto – perciò credo sia giusto limitare il numero e dedicarsi a sole due tipologie di uva”. Una presa di posizione seria e rispettabile, ovviamente, anche se con il Breg se ne vanno molti ricordi di un percorso che è stato davvero straordinario. L’ultima versione, quella del 2012 che è appena uscita, è un modo per uscire di scena con una standing ovation. Un grande vino, alla Gravner, e con in più un po’ di rimpianto.