di Giorgio Vaiana
“Dimenticati dal Governo”. E’ il grido di dolore dei distributori di cibi e vini di qualità. Che sono rimasti tagliati fuori dal Dl Ristori, il provvedimento di sostegno alle imprese appena varato per contrastare l’emergenza economica causata dal coronavirus.
“Il Dl Ristori ha coperto solo alcuni codici Ateco – dice Antonio D’Agostino, titolare di D’Agò Eccelsi Cibi – dimenticando completamente la nostra categoria, una parte fondamentale della ristorazione. Perché i ristoranti servono cibo e vino, acquistandolo da noi. Fermandosi, e quindi chiudendo, non acquistano più nulla e si blocca tutto”.
Una filiera, quella della ristorazione, che comprende tantissime persone prima di arrivare al punto finale, ossia il piatto che esce dalla cucina e viene servito al cliente. Ci sono agenti di commercio, food service, ma anche gli stessi produttori dei cibi di qualità, i prodotti di nicchia che vengono venduti grazie ai distributori e che hanno solo questo come unico canale di sbocco. “Impossibile per questi produttori vendere i loro prodotti nel canale Gdo, non hanno le possibilità o comunque le giuste dimensioni – dice Salvatore Gurrieri, titolare de Le Trazzere del Gusto – La filiera della ristorazione va presa in considerazione tutta, dal punto iniziale a quello finale. C’è un mondo, in questo momento con gravissimi problemi”. E Gurrieri fa i numeri: “Il nostro fatturato è precipitato del 95 per cento, facciamo giusto 3 o 4 ordini per le nostre salumerie che rimangno aperte, ma sono davvero poca roba, quasi irrilevante”.
“Siamo una categoria danneggiata prosegue D’Agostino – noi lavoriamo con i ristoranti e per i ristoranti. Il Dl ristori ha già coperto il primo lockdown senza considerarci, oggi fa lo stesso errore. Eppure c’è un mare di gente, adesso, che sta vivendo questo grave momento di crisi”. “Non c’è speranza per noi – aggiunge Riccardo Uleri, amministratore delegato di Longino & Cardinal – siamo completamente esclusi. Qualcuno a Roma pensa che i ristoranti producano il loro cibo negli orti, abbiano gli animali, senza invece riflettere che quegli ingredienti arrivano da qualche parte. Siamo ad un calo del fatturato annuale di almeno il 50 per cento, in questo periodo un calo dell’80 per cento”. Il primo lockdown aveva devastato questo settore: “Avevamo azzerato il fatturato nei mesi di marzo e aprile – dice Uleri – poi abbiamo lavorato abbastanza bene durante l’estate. Insomma abbiamo seguito, almeno dal punto di vista economico, lo stesso percorso di ripresa dei ristoranti. Noi non siamo chiusi, stiamo continuando a lavorare per quei pochissimi locali che si trovano nelle zone gialle. E vi dico che rimanere aperti è quasi più dannoso, perché dobbiamo tenere in piedi una logistica non indifferente per fornire solo quei pochi locali”.
“E’ una situazione completamente irrazionale – dice D’Agostino – Ci sono state decine di associazioni di categoria, ma anche grossi dirigenti di gruppi di acquisto che hanno centinaia di distributori e sono leader nel food service, che hanno scritto al premier Giuseppe Conte senza mai ottenere risposta. Ad oggi il nostro codice Ateco continua a rimanere fuori da questo elenco. Stiamo rivivendo gli incubi di marzo. Dopo il crollo del fatturato, poi la ripresa incredibile, ora di nuovo così. Sono certo che appena finirà quest’incubo, si volerà di nuovo, si partirà a razzo. Ma nel frattempo siamo in difficoltà”. “Capisco che lo Stato ha una riserva economica molto limitata – dice Gurrieri – ma non è una cosa simpatica escludere il nostro settore. Il problema è anche il fatto che le chiusure sono state decise dall’oggi al domani e noi ci siamo ritrovato con i magazzini pieni di merce in scadenza che abbiamo regalato, per carità, piuttosto che buttarla, ma che per noi è stata una perdita mostruosa. Ora siamo fermi. I dipendenti sono in cassa integrazione e aspettiamo segnali dall’alto che non arrivano”. Sia D’Agò Eccelsi Cibi, che Le Trazzere del Gusto che Longino & Cardenal hanno implementato il servizio di commercio online con un servizio dedicato sui siti delle proprie aziende. “Ma non serve poi a molto”, dicono quasi in coro. Per loro, però, è un modo come un altro di sentirsi ancora “vivi”. In attesa di novità da Roma.