di Daniele Cernilli, Doctor Wine
“La salubrità e la sicurezza alimentare non possono essere lasciate al caso ma sono il risultato di robuste conoscenze scientifiche applicate al totale controllo dei processi. Vedi il problema acetaldeide che quasi mai viene preso in considerazione”.
“Ovviamente dal punto di vista biochimico e chimico è un fenomeno complesso in quanto questa molecola è un metabolita sia fermentativo che ossidativo e le implicazioni tecniche sono differenti tra vini rossi e bianchi. Tuttavia è risaputo che nei vini ossidati l’ossigeno 'aggredendo' lentamente l’alcol etilico lo trasforma in acetaldeide che in alcuni casi può raggiungere livelli elevati. Bisogna rammentare che questa molecola è più tossica dell'alcol etilico e in associazione con quest'ultimo è addirittura classificata come cancerogena. Inoltre questa stessa molecola 'lega' la SO2 determinandone un aumento della quantità totale e una diminuzione della quota molecolare che è proprio quella che svolge le azioni antiossidante e antisettica per cui se si vuole realmente ridurre la quantità di SO2 nel vino bisogna innanzitutto gestire l’acetaldeide mantenendola a livelli bassissimi.”
Non mi azzardo mai a fare delle considerazioni di ordine enologico e tecnico, non avendo adeguate conoscenze di chimica, di biologia e di fisica. Mi affido a chi ne sa più di me e cerco, tutt’al più, di divulgare il parere di studiosi di fama internazionale. In questo caso le affermazioni virgolettate qui sopra sono del professor Luigi Moio, docente all’Università di Napoli Federico II e universalmente considerato come uno dei maggiori studiosi di enologia del nostro Paese. Provando a tradurre in termini più comprensibili, Moio ricorda che il problema di elevati livelli di acetaldeide, una sostanza volatile estremamente reattiva, responsabile dell’odore cosiddetto di “ossidato” nei vini che ricorda quello emanato dalla mela “ammaccata” o addirittura marcia, la cui produzione è legata sia a processi fermentativi che ossidativi, è un tema poco trattato, pur avendo conseguenze non piccole, non solo di carattere organolettico, ma persino in relazione alla salubrità dei vini. Non solo solforosa dunque, sembrerebbe dire Moio, ma il problema vero sta nella conoscenza e nel conseguente controllo di processi biochimici e chimici in un quadro d’insieme in cui acetaldeide e SO2 sono molto vicine tra loro per cui è necessario affrontare il problema in maniera olistica. Inoltre è bene riflettere sul fatto che l’utilizzo di lieviti non adeguati può essere la causa di rallentamenti o addirittura arresti di fermentazione e di conseguenza della produzione di sostanze negative, persino pericolose, come è appunto l’acetaldeide.
Tutto ciò ci fa riflettere sul fatto che alcuni temi branditi come il massimo della “naturalità”, legati all’uso di lieviti indigeni e al non uso di anidride solforosa, hanno in realtà un rovescio della medaglia particolarmente inquietante, perché è proprio da pratiche del genere che possono determinarsi elevati accumuli di metaboliti naturali di rilevanza tossicologica con tutti i problemi che ne conseguono. Allora mi chiedo perché alcune tematiche legate al vino sono trattate in continuazione e altre, ben più importanti, invece no. Possibile che esistano argomenti “di moda” e questioni che invece non interessano a nessuno, e che invece hanno effetti paragonabili e se possibile peggiori? So bene di essere una voce controcorrente e che quanto sto scrivendo susciterà reazioni negative in molti sostenitori della cosiddetta “naturalità” dei vini. E questo anche se non è affatto mia intenzione criticare chi, onestamente e coerentemente, cerca di produrre con senso di responsabilità e nel rispetto dell’ambiente e della salute dei consumatori. Solo che vorrei che tutti, anche loro, prendessero in considerazione anche altri aspetti, e soprattutto le conseguenze di pratiche che forse non sono ancora state analizzate in modo approfondito, al di là delle affermazioni di principio.
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