“La mia ricetta per salvaguardare la remunerazione degli allevatori. Produrre meno e garantire un latte più buono. Solo così si potrà vendere meglio. Il caso di un'azienda di Eboli”.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
di Roberto Rubino*
Ormai non passa giorno senza che su un giornale o su Facebook non si legga: gli allevatori indignati riversano il latte sulle strade. E questo sta succedendo in tutto il mondo. Nella ricca Europa come nei paesi poveri dell’America Latina. La rivolta degli allevatori, lo spargimento del latte o del letame non sono proprio notizie nuove, fino a qualche tempo fa queste proteste erano cicliche, corsi e ricorsi, come era ciclico l’andamento del prezzo del latte. Questa volta però la crisi è diversa, non credo che il prezzo risalirà. Anzi, ci sono tutte le premesse che il peggio debba ancora arrivare e che la situazione ritornerà in equilibrio quando il prezzo si sarà attestato su livelli più bassi dell’attuale. In giro per il mondo c’è troppo latte. O le aziende chiudono oppure bisogna abbassare i livelli produttivi delle vacche. Se queste sono le prospettive, è inutile versare il latte (oltre che piangere sul latte versato) e protestare, tanto nessuno ha la forza per dare il contrordine. E servono a poco le soluzioni che si profilano: rottamazione delle vacche, marchio italiano, ecc. Occorre prendere in mano il proprio destino e avere il coraggio di cambiare.
(Roberto Rubino)
Cambiare significa andare nella direzione opposta. Oggi il modello intensivo non tiene più, l’allevatore ci rimette, i costi sono superiori al prezzo incassato. Se questo è, e in attesa di soluzioni miracolistiche che da qualche parte si potrebbero ventilare, l’allevatore ha in mano la soluzione per ridurre, da subito, le perdite: diminuire o eliminare completamente i mangimi. Lo so, i genetisti dicono che la Frisona è una Ferrari e che non può rallentare, gli alimentaristi dicono che non si può tornare indietro senza creare squilibri agli animali. Sono tutti luoghi comuni, gli stessi che hanno creato questi problemi. Ci dicevano che si poteva aumentare la quantità prodotta attraverso la selezione, senza per questo avere ripercussioni sulla qualità del latte; anzi, che questa aumentava, tanto è vero che si poteva produrre latte di “Alta Qualità”. Invece quel latte è fra i più scadenti. Ci dicevano che con la selezione e l’alimentazione con unifeed si aumentava il benessere animale, invece il benessere non è mai stato così basso. Riducendo o eliminando i mangimi avremo come primo effetto l’abbattimento del costo degli stessi, che non è poco. Certo, dovremo aumentare la quota di fieno, meglio ancora se si tratta di un fieno polifita o addirittura del pascolo, ma il risparmio sarà notevole. Ancora. Migliorerà subito il benessere animale, le zoppie, i prolassi scompariranno. Le spese sanitarie crolleranno. Aumenteranno le nascite e si potrà ritornare alla rimonta interna. E, soprattutto, la qualità del latte comincerà a risalire. La componente aromatica sarà potenziata, il rapporto omega6/omega3 passerà da circa 10 a meno di 4. E tutto questo perché i concentrati, i mangimi hanno lo stesso effetto che ha l’acqua nel vino: ne aumenta il volume ma ne diluisce le componenti aromatiche e nutrizionali.
Certo, la produzione diminuirà, scenderà sotto i 20 litri. Ma se gli allevatori stanno producendo in perdita, in questo modo le perdite saranno ulteriormente ridotte. E poi, disporre di un latte certamente di qualità, con un livello qualitativo che si potrà certificare, permetterà all’allevatore di gestire in maniera diversa il rapporto con l’industria. Non solo. Ma la stessa industria potrà capire che non tutto il latte è uguale, che non tutti i consumatori sono uguali, che c’è chi vorrebbe bere un buon latte e mangiare grandi formaggi. C’è una domanda e ci sarà un’offerta adeguata.
Infine, non ci sarà più bisogno di andare al Palazzo con il cappello in mano a chiedere aiuto. Lo Stato si dovrebbe solo fare carico di una decisa e capillare campagna di informazione per far capire ai consumatori e, soprattutto, alla classe medica, che ultimamente sta criminalizzando il latte, che non tutto il latte è uguale, che esiste una qualità aromatica e nutrizionale ormai certificabile e che questa qualità va pagata. Decisiva potrà essere anche un’accelerazione dell’attività di ricerca nella direzione di un approfondimento della qualità nutrizionale, perché il rischio è che a breve la quasi totalità dei nutrizionisti arriverà a proibire il latte (intolleranze, Igf1, trans, ecc.).
Capisco che molti sorrideranno nel leggere questo articolo. Ma tutto quello che ho scritto noi lo abbiamo studiato e sperimentato. Provate a chiedere all’azienda Giuliano di Eboli. Prima di passare al Latte Nobile, a un rapporto foraggio /concentrati di 70/30, aveva l’80% di prolassi uterini e pochissimi vitelli bufalini. I prolassi sono scomparsi, sono ritornati i vitelli e, soprattutto, ora con quel latte si produce una mozzarella di bufala straordinaria.
Quindi, non buttate il latte, buttate i mangimi. E tanta erba e tante erbe diverse.
*presidente dell'Anfosc, Associazione nazionale formaggi sotto il cielo