di Daniele Cernilli, DoctorWine
Le tre edizioni della nostra guida (italiana, inglese e tedesca) sono ormai in stampa, possiamo quindi tirare qualche somma e fare qualche considerazione.
La settima edizione della Guida Essenziale ai Vini d’Italia è stata la più difficile da realizzare. I motivi potete facilmente immaginarli. In un periodo drammatico come quello che stiamo vivendo è stato molto complicato realizzare assaggi, valutare vini, visitare aziende. Molte grandi manifestazioni sono state annullate e la possibilità di degustare vini in quelle occasioni semplicemente non c’è stata. Il sottoscritto e i suoi collaboratori hanno lavorato con meno possibilità di confronto diretto, e inoltre in diversi casi alcuni produttori hanno presentato gli stessi vini dell’anno passato. Il sostanziale crollo dell’export, la chiusura di molti ristoranti e di molte enoteche, ha determinato un rallentamento delle vendite con conseguenze molto evidenti. Perciò una pur piccola percentuale dei vini presenti in guida quest’anno, valutabile intorno al 5%, è rappresentata da campioni che avevano già ricevuto una valutazione nella scorsa edizione. Ci è sembrato giusto riproporli perché sono prodotti che saranno disponibili sul mercato per molti mesi ancora, e quindi rimetterli nella nostra selezione rappresenta un servizio per i nostri lettori, oltre che un segno di attenzione per le cantine coinvolte.
Un altro elemento da sottolineare è come abbiamo cercato quest’anno di avere un atteggiamento meno drastico in fatto di premi e di segnalazioni. I “faccini” assegnati sono più che in altre edizioni, e questo per diversi motivi. Il primo è che c’è stata una compresenza di versioni straordinarie, legate a vendemmia particolarmente positive, per i maggiori rossi italiani di riferimento. Barolo 2016 e Brunello di Montalcino 2015 in particolare, ma non solo. Poi, in un momento dove il mondo del vino è anch’esso in difficoltà, ci è sembrato inopportuno spaccare il capello in quattro.
Abbiamo raccontato più che giudicato, e con questo abbiamo cercato di sostenere per come possiamo il mondo che amiamo, e che è quello della vitienologia di qualità del nostro Paese. Giudici, certo, ma sorridenti e appassionati, come chi ci legge e ci onora della sua attenzione. Saremo criticati per questo? Può darsi, ma non ci sembrava il momento di fare la parte dei professori severi e arcigni. Abbiamo perciò provato a valorizzare anche denominazioni meno note ma che stanno crescendo in modo evidente, e comunque tutti i vini ai quali abbiamo assegnato il nostro “faccino” sono tali che “metterci la faccia” non ha comportato forzature.
In ogni caso già essere nella nostra selezione è comunque un premio, visto che i vini presenti sono poco più di tremila e le aziende circa milleduecento. Tra loro però ci sono pressoché tutte le icone del vino italiano, cosa non così comune, e anche questo è un motivo per il quale le valutazioni elevate sono cresciute. Se grandi vini sono presenti in versioni particolarmente emblematiche, è ragionevole e persino doveroso prenderne atto e premiarli.